Giustizia

Brusca, la libertà che fa ribrezzo e fa pensare

di Angelo Vitale -


Giovanni Brusca, il boss che per tutti sarà per sempre il mafioso che azionò il telecomando nella strage di Capaci che uccise Falcone e l’autore di efferati delitti, “u verru”, lo “scannacristiani” che commise o ordinò almeno 150 omicidi dei quali non ricorda nemmeno i nomi di tutte le vittime, che sciolse nell’acido un
bambino colpevole solo di essere il figlio di un collaboratore di giustizia, rapito quando aveva 13 anni e 15 quando fu strangolato, è dal primo giugno un uomo libero.

Il giorno prima aveva terminato la misura della libertà vigilata che già fu uno scandalo quando gli fu concessa quattro anni prima. Non ha più debiti con la giustizia, dicono le agenzie, ma continua ad averne con chi piangerà sempre chi uccise. L’ex boss di San Giuseppe Jato ha fatto 25 anni di detenzione e prima aveva finto un pentimento per poi iniziare a collaborare realmente dopo l’arresto, dicendosi perfino convinto che non possa esistere il perdono per ognuno dei delitti che ha commesso. “Il ritorno in libertà di Giovanni Brusca ci amareggia molto, moltissimo. Questa non è giustizia per i familiari delle vittime della strage di Capaci e di tutte le altre vittime”, ha detto Tina Montinaro, la vedova del capo scorta di Giovanni Falcone, Antonio, morto nella strage di Capaci insieme con i colleghi Rocco Dicillo e Vito Schifani e con il giudice e la moglie Francesca Morvillo. Aggiungendo quanto pesa e peserà sempre: “Non bisogna assolutamente dimenticare che anche i collaboratori sono dei criminali”. Le ha fatto eco l’autista di
Falcone Giuseppe Costanza che scampò alla strage, gridando tutta la sua sfiducia nello Stato: “Provo sconforto più che amarezza. La legge oggi non è per le persone oneste”.

Chiara Colosimo, presidente della Commissione Antimafia, ha voluto ricordare che “la legge che ha
permesso a Brusca di tornare in libertà è stata fortemente voluta da Falcone. Ha funzionato e funziona, ha permesso la fine di Cosa Nostra corleonese e permette oggi di infliggere colpi tremendi alla mafia e alle organizzazioni criminali”, precisando che “Brusca resta un carnefice e Falcone un eroe senza tempo”.

Un carnefice che, oggi 68enne, da meno di una settimana vive sotto falso nome in una località che per sempre rimarrà segreta. Il paradosso, l’ennesimo, di una giustizia che scelse decenni fa, in uno Stato troppo debole con il terrorismo di qualsiasi colore e poi con tutte le mafie che tuttora avvelenano l’economia nazionale e quelle di altri Paesi, di scegliere il male minore, fosse pure quello che fa ribrezzo e incute sdegno e sfiducia come la libertà di Brusca, per evitare il male peggiore di altri morti.


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