“Le parole che temiamo”: A Fano la XIII edizione del Passaggi Festival
Un punto di riferimento per la saggistica di tutta Italia: torna nella città sul mare l'evento alla sua 13esima edizione
Dal 25 al 29 giugno 2025 Fano ospita la 13esima edizione del Passaggi Festival, l’unico evento in Italia interamente dedicato alla saggistica. Con oltre 150 appuntamenti e 92 libri in programma, il festival si conferma uno spazio di confronto culturale vivo, inclusivo e accessibile. Ne parliamo con Giovanni Belfiori, ideatore e direttore della manifestazione.
Il tema del l’edizione 2025 è “Nemiche. Le parole che temiamo”. Perché ha scelto di dedicare il festival proprio al potere (e ai rischi) del linguaggio?
“Immagini oggi una canzone che inizia come Colpa d’Alfredo di Vasco Rossi? Il cantante sarebbe linciato, non solo moralmente. Siamo passati dal felice disimpegno degli anni Ottanta a un clima molto simile a quello degli anni Settanta dove ’il personale è politico’ e quindi anche il linguaggio che usiamo deve aderire al nuovo modo di guardare il mondo. La cultura ‘woke’, le parole sconvenienti, quelle ‘bannate’ dal politicamente corretto, il linguaggio che non deve offendere il genere, che deve rispettare la dignità delle minoranze: il mainstream è questo, ma la domanda che ci siamo posti è se esistono davvero parole corrette e altre no o, citando Raoul Vaneigem, se niente sia sacro, tutto si possa dire. Basta cambiare o vietare una parola perché cambi anche la realtà? E la realtà si può cambiare con le parole? Siamo dentro la Neolingua orwelliana o stiamo abbattendo le barriere che ci separano da una società più corretta? In tutto questo, il caos aumenta se si considera che anche a sinistra qualcuno comincia a criticare la cultura woke. Insomma, non è che da una parte ci siano Trump e i suoi fan e dall’altra una eletta schiera di democratici multiculturali, il confine è meno serrato”.
Con oltre 140 eventi in cinque giorni, Passaggi è diventato un laboratorio culturale. Cosa rende il festival unico?
“La nostra specificità è quella di essere un festival dedicato alla saggistica e alla non-fiction, scelta che implica anche un determinato modo di guardare alla realtà. Non è detto che sarà sempre così, ma da 13 anni siamo il punto di riferimento per la presentazione di saggi. L’altra particolarità è la varietà delle proposte: quest’anno sono circa 150 gli eventi – tutti a ingresso gratuito eccetto le visite guidate – rivolti a lettori molto diversi per età e interessi. Andiamo dalle graphic novel, alla filosofia per bambini, dalle grandi firme del giornalismo ai volti dello spettacolo e dei social. C’è poi il coinvolgimento di un’intera città: Fano ogni anno si veste di Passaggi e ovunque si respira l’atmosfera dell’evento”.
Tra gli ospiti il Ministro della Cultura Giuli. Quanto conta avere il riconoscimento istituzionale e mantenere libertà di pensiero?
“Le due cose, per fortuna, possono convivere. In 13 edizioni di festival abbiamo ospitato artisti, giornalisti, scrittori, politici di ogni schieramento, con una proposta improntata alla pluralità e alla qualità degli interventi e in un dialogo continuo con le istituzioni, a livello locale e nazionale. Crediamo che la cultura sia fatta anche di contaminazioni. La presenza del Ministro Giuli, al quale sarà dedicato l’evento speciale di domenica 29 giugno in piazza XX Settembre, ci conferma in questa direzione: è un riconoscimento importante per il festival e per i tanti volontari che si impegnano nella buona riuscita”.
Ci sono autori che si confrontano con linguaggi contemporanei: Andrea Bertolucci con la trap o gli allievi della Scuola Holden sulle parole svuotate dall’uso mediatico. Cosa ci dice questo sull’evoluzione della saggistica?
“Più che un eccesso d’informazione, c’è un moltiplicarsi di codici linguistici e di contenuti ‘sparati’ su troppi canali e, allo stesso tempo, un vuoto di confronto. Non è vero che c’è un bisogno crescente di dialogo, anzi la tendenza è quella di impedire all’avversario di esprimere la propria opinione. La saggistica è un campo infinito: si pubblica da testi accademici agli istant-book dell’ultimo minuto. C’è un sommerso di saggi autopubblicati, con vendite molto alte, che fanno concorrenza agli editori classici. Si tratta di autori che partono dai social e arrivano all’autopubblicazione con un pubblico di lettori fedeli. Questo sarà il trend vincente dei prossimi anni”.
In un’Italia spesso segnata dalla polarizzazione, crede che un festival come Passaggi possa ancora contribuire a formare coscienza critica?
“Spero proprio di no, sarebbe una sciagura se ci si mettessero anche i festival a voler creare ‘coscienze critiche’, anche perché non mi pare che leggere ci renda migliori. Ci rende più consapevoli, informati, ma non necessariamente migliori. Per decenni siamo stati indottrinati da chi credeva nel ruolo dell’intellettuale militante, da chi ha imposto codici morali alla letteratura, che doveva possedere un intrinseco impegno civile. Fino ad essere colpevolizzati se il nostro messaggio non si caricava di responsabilità educativa o non aveva lo spessore per dare l’esempio. Il ruolo del festival dovrebbe essere un altro: portare i libri nelle piazze, farli arrivare nelle mani o agli occhi dei lettori. Poi starà al lettore decidere cosa leggere, stabilire se gli piace o no, se quella lettura gli ha ampliato le conoscenze, aperto gli occhi su nuovi mondi o se glieli ha chiusi per la noia. Noi dobbiamo occuparci del libro, non di ciò che accade al lettore”.
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