Parla il pentito che partecipò nel 1990 alla strage di Piazza Pitagora a Crotone e che ora aiuta i giovani a vivere nella legalità
La lotta tra il bene e il male, tra ciò che è la legalità e la distinzione netta di chi decide di staccarsi da ciò che non lo è, creando così fratture e una dichiarazione di “guerra” al clan da cui ci si allontana. Lo Stato che non sempre mantiene ciò che promette e i singoli individui si trovano spesso soli, abbandonati al proprio destino e in balia degli eventi. Abbiamo intervistato Luigi Bonaventura, che nel 1990 ha partecipato alla strage di Piazza Pitagora (a Crotone), in cui vennero uccisi Ugo Perri, Giuseppe Sorrentino e Rosario Garceo. Luigi (in passato reggente della cosca Vrenna – Ciampà – Bonaventura – Corigliano), ha lasciato la -non- vita da mafioso, da oltre 20 anni diventando collaboratore di giustizia e pagando a caro prezzo il distacco dalla propria famiglia; il padre stesso, il 19 settembre del 2006, avrebbe dovuto ucciderlo, ma ad essere colpito all’inguine fu il genitore stesso.
Chi è stato Luigi Bonaventura?
“Ho passato una infanzia e una adolescenza dedita all’addestramento e all’utilizzo delle armi prima (dai 10 anni), e poi alla violenza. Tutto si inserisce nell’ideologia mafiosa e del far parte dei clan più temuti di sempre. Ma quel mondo non mi apparteneva e così, nel 2005, ho iniziato a distaccarmi dall’idea e dall’essere parte integrante della non legalità. Nell’anno successivo ho iniziato la collaborazione con i magistrati come ’uomo libero’ – non avendo mai avuto condanne – intraprendendo un duro percorso di dissociazione dalle mafie e, insieme alla mia famiglia, sono stato portato in una località protetta. In 20 anni sono entrato in contatto e collaborazione con l’Antimafia (anche tedesca), fino ad entrare nel programma dei Collaboratori di Giustizia. Sono stato ascoltato anche nel Maxi Processo “Rinascita-Scott, ribattezzato maxiprocesso alla ‘Ndrangheta (iniziato 5 anni fa, concluso nel 2023 il primo grado e ancora in corso di svolgimento, grazie al lavoro dei Magistrati Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso e Anna Maria Frustaci, coordinati dall’ex procuratore di Catanzaro, Antonio Gratteri). Fondamentale è stato il mio contributo non solo in Calabria, ma anche in Piemonte, nell’operazione “San Michele” (condotta dal DDA di Torino).
Qual è il suo impegno attuale, per cercare di contrastare i clan?
“Mi occupo anche di antimafia nel sociale, ideando, in collaborazione con altre persone e insieme a mia moglie Paola, l’Associazione Sostenitori CT di Giustizia” in cui cerchiamo di far proteggere e di far valere i diritti dei denuncianti e di tutti coloro che spesso non hanno né voce, né volto: ossia i familiari dei collaboratori di Giustizia. Inoltre ho aderito al progetto “Liberi di scegliere”, per dare una possibilità ai giovani, di abbandonare la mafia e crearsi un futuro all’insegna della legalità, recandomi personalmente nelle scuole.
Per lei è fondamentale rivolgersi soprattutto ai ragazzi, per fargli capire che iniziare una vita fuori dal “clan”, è possibile?
“Con il programma Striscia l’Antimafia – spesse volte insieme anche a mio figlio Nemo, sia sul web che sui canali social – ci rivolgiamo ai ragazzi attraverso appuntamenti settimanali, anche con ospiti, per affrontare tutte le questioni riguardanti il distacco dalle mafie, sottolinenado quanto sia una questione sì difficile, ma anche fondamentale per combattere e contrastare l’illegalità. Ciò non significa che sia tutto in discesa, anche attraverso l’Associazione creata, cerchiamo di sostenere chi decide di staccarsi dalle realtà violente e di sostenere anche i familiari visto e considerato che, spesso, ci si trova ad affrontare queste battaglie in solitudine e con un mondo pericoloso”.
Hai ricevuto minacce in quanto Luigi Bonaventura?
“Bisogna considerare che, esponendosi anche sul web come faccio io e con me la mia famiglia, gli amanti dell’odio sono tantissimi, ma ritengo che non meritino particolare attenzione e non temo le minacce che mi vengono rivolte, per me i morti che camminano sono tutte quelle persone che si arrendono ed io, di certo non lo sono. Io non mollo e faccio tutto il possibile per continuare ad andare avanti sostenuto dalla mia famiglia e da una grande donna: mia moglie. Siamo tutti coinvolti nel sociale perché è una questione che non solo ci piace, ma ci appassiona, non siamo attivisti, ma siamo delle semplici persone che credono nel bene e nel fatto che, chi ha sbagliato, possa redimersi. Ognuno di noi è l’artefice del proprio destino ed il bello della vita è che ogni giorno, ti offre la possibilità di migliorarti”.