Nell’inferno di Gaza dopo la fame è arrivato il caldo
I raid israeliani sulla prigione iraniana di Evin potrebbero costituire un “crimine di guerra”
Altre quattro persone sono morte a Gaza a causa della fame e della malnutrizione. Lo riporta la tv satellitare al-Jazeera. L’Unrwa, via X, ha lanciato un nuovo allarme: “A Gaza le temperature stanno salendo sopra i 40 gradi, peggiorando ulteriormente una situazione già disperata”. Con quantità “molto limitate di acqua” è forte il rischio di “disidratazione” tra la popolazione martoriata dalle operazioni militari israeliane. “Continuano bombardamenti e sfollamenti forzati”, prosegue il post, sottolineando una situazione di “caldo estremo” con “elettricità e carburante limitati”. “Serve un cessate il fuoco”, conclude l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente.
La richiesta di Hamas per il cessate il fuoco a Gaza
Hamas avrebbe presentato all’Egitto delle proposte per un possibile cessate il fuoco che includono la richiesta di garanzie scritte sulla rinuncia di Israele alla presa dell’enclave palestinese. Stando a quanto riporta Al Arabyia, il movimento islamico di resistenza chiede che lo Stato ebraico accetti per iscritto di mettere fine alla guerra in modo permanente e rinunci ad ogni piano di occupazione, con garanzie internazionali. Il gruppo palestinese si offrirebbe di ritirare i propri combattenti facendoli convergere su posizioni precedentemente concordate e “afferma il proprio impegno a mantenere gli ostaggi in vita”.
Le bombe israeliane sulla prigione di Evin
I raid israeliani “indiscriminati” che il 23 giugno scorso hanno colpito la prigione di Evin nella capitale iraniana Teheran hanno fatto almeno 80 morti e potrebbero costituire un “crimine di guerra”. Lo denuncia Human Rights Watch (Hrw), secondo cui le operazioni hanno colpito diversi edifici dell’istituto penitenziario uccidendo prigionieri, loro familiari in visita e personale, “in assenza di un evidente obiettivo militare”. E “fonti informate” citate dall’organizzazione sostengono che il bilancio delle vittime sia probabilmente molto più grave.
All’interno del carcere, al momento dell’attacco ci sarebbero stati più di 1.500 detenuti, molti dietro le sbarre semplicemente perché attivisti o dissidenti.
L’accusa di Hrw si basa su immagini satellitari, foto e filmati, testimonianze da cui emerge che il 23 giugno le bombe israeliane hanno distrutto le sale per i visitatori, settori in cui erano rinchiusi anche prigionieri politici, la cucina centrale, un’infermeria e uffici. “I raid di Israele sulla prigione di Evin del 23 giugno hanno provocato l’uccisione e il ferimento di civili senza alcun obiettivo militare evidente in violazione delle leggi di guerra – ha detto Michael Page, vice direttore per il Medio Oriente di Hrw – L’attacco israeliano ha messo in grave pericolo la vita già precaria dei detenuti a Evin”.
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