Italia vulnerabile e NATO dimenticata: davvero la guerra è l’unico futuro dell’Europa?
Il ministro Crosetto dichiara l’Italia vulnerabile a un attacco russo. L’ex ambasciatore Vecchioni accusa: “E la NATO? Stiamo preparando l’Europa alla guerra?”
“Non siamo pronti a un attacco russo. Dobbiamo mettere il Paese nella condizione di difendersi. Non lo siamo perché non abbiamo investito più in difesa negli ultimi vent’anni e quindi i vent’anni non si recuperano in un anno o in due anni”.
Con queste parole il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha lanciato un messaggio diretto, senza filtri, ma anche carico di implicazioni politiche, strategiche e perfino ideologiche.
Il Ministro ha dunque candidamente dichiarato che l’Italia non è in grado di sostenere militarmente un attacco esterno. Da qui la conclusione: serve più spesa militare, serve reindirizzare le risorse pubbliche verso la difesa, con urgenza.
Vecchioni sulle dichiarazioni di Crosetto
In linea di principio, l’idea che un Paese debba saper difendere se stesso può anche essere condivisa. Ma, come ha giustamente fatto notare l’ambasciatore Domenico Vecchioni – storico, saggista, già diplomatico di lungo corso – la questione è ben più ampia. E la dichiarazione di Crosetto sembra dimenticare (o forse voler oscurare) un fatto centrale: l’Italia non è sola. Fa parte della NATO.
“Il Ministro ha completamente dimenticato il ruolo della NATO...Dove sono finiti 65 anni di collaborazione militare, politica e diplomatica ‘atlantica’ per difendersi appunto da un’aggressione esterna? La Nato insomma non conta più nulla? Non è servita a niente se, 76 anni dopo la sua istituzione, ci si dice che siamo estremamente vulnerabili? Ci è stato detto e ripetuto per decenni che la nostra sicurezza, la nostra salvezza risiedeva nell’Alleanza Atlantica. Allora non era vero niente?”.
Interrogativi e obiettivi
Domande legittime. Non solo: allarmanti. Perché se l’Italia è davvero così vulnerabile come sostiene Crosetto, cosa dovremmo dedurre della tenuta complessiva dell’Alleanza Atlantica? E se invece non lo è, allora qual è il vero obiettivo del discorso del Ministro?
La direzione sembra piuttosto chiara: giustificare un progressivo riarmo, una sorta di “militarizzazione” delle priorità politiche. I Paesi NATO hanno recentemente deciso di portare gradualmente le spese militari fino al 5% del PIL. Una soglia che fino a pochi anni fa sarebbe stata impensabile, e che oggi viene proposta con naturalezza. L’Unione Europea stessa si prepara a investire 800 miliardi di euro per la cosiddetta “difesa comune”.
Non basta? No, secondo Crosetto. Perché, dice, siamo vulnerabili. Finora abbiamo scherzato. Ora bisogna fare sul serio.
Una transizione verso l’economia di guerra
“Dobbiamo ‘militarizzare’ in pratica la nostra legge di bilancio e impostare un’economia di guerra. Il pericolo incombe. La Russia vuole conquistare l’Europa orientale e, giacché c’è, anche quella occidentale. Dobbiamo prepararci alla guerra”.
Il rischio è che tutto questo non sia solo un’esagerazione retorica, ma un programma politico. Prepararsi alla guerra, investire miliardi in armi, alimentare la tensione con Mosca… fino a renderla inevitabile. Un’escalation in cui la NATO potrebbe, o vorrebbe, arrivare allo scontro diretto con la Russia. Mosca, dal canto suo, ritiene che questo scontro sia già in atto.
Ma come sempre, qualcuno viene escluso da questa equazione
“Non potete però fare i conti senza l’oste – ammonisce Vecchioni – che nel nostro caso sono i cittadini europei, nella grande maggioranza ostili, contrari alla guerra. Bel risultato riportano a casa i ‘grandi’ dirigenti europei! L’unica prospettiva che offrono all’Europa in sostanza è… la guerra (parafrasando Mussolini: “popolo europeo, corri alle armi!”). Questa è la parola d’ordine della von der Leyen (non aggiungo ‘vincere e vinceremo’, per decenza)”.
L’ambasciatore non risparmia critiche alla leadership dell’Unione, che sembra aver abbandonato lo spirito originario del progetto europeo: pace, cooperazione, solidarietà. Al suo posto, una logica da guerra fredda o, forse, calda che rischia di distruggere proprio ciò che si vorrebbe difendere.
“Ma possibile che non si capisce che la guerra non sarà il cemento che porterà all’Europa Unita sognata dai padri fondatori, ma sarà la forza centripeta che ne decreterà la disgregazione?”.
Una domanda che dovrebbe inquietare non solo i pacifisti, ma chiunque abbia a cuore il futuro dell’Europa. Perché la sicurezza non può esistere senza legittimità democratica. E la democrazia non si difende a suon di proclami bellici, ma ascoltando i cittadini, ripensando le strategie, evitando l’inevitabile.
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