De Luca, la pompa e la Sicilia da diserbare
di Piero Messina
C’è un momento, in Sicilia, in cui la politica smette d’essere politica e diventa teatro. O, più esattamente, teatrino di paese con fondale barocco. Così, alla fine della sua conferenza stampa all’Ars, il parlamento siciliano (il più antico del mondo, ci si ostina a ostentare) Cateno De Luca – sindaco di Taormina e leader del Movimento “Sud Chiama Nord” – ha tirato fuori dal suo pacco-regalo per il presidente Schifani non una legge, non un dossier, ma una pompa diserbante.
Un attrezzo agricolo, sì, ma in Sicilia anche i simboli zappano. “Per disinfestare la Regione”, ha detto.
E, detto questo, se la mette a tracolla, indossa la mascherina e parte verso Palazzo d’Orléans come un contadino in crociata contro le erbacce del potere. All’ingresso della presidenza, i commessi sbiancano. Annunciare “C’è De Luca con la pompa” non figura nei manuali del cerimoniale. Finita la scena, resta il messaggio.
Perché De Luca, dietro la maschera da istrione, ha il tono di chi vuole colpire nel vivo. Parla di “decuffarizzare la Sicilia” come soluzione e ricetta insufficiente (i vizi sono trasversali), perché quel verbo coniato dai giornali sull’onda dell’ennesima inchiesta che vede protagonista l’ex presidente della regione, suona come un’aspirazione da romanzo civile parziale. Bisogna fare di più – rimbrotta De Luca togliere al sistema regionale – politica e burocrazia – il vizio antico del favore, dell’amico, del cognato e del santo in paradiso.
Il suo elenco è quello di un’inchiesta più che di un comizio: liste d’attesa eterne, rubinetti a secco, imprese costrette a elemosinare ciò che dovrebbero ricevere per diritto. E dirigenti regionali succubi di un patriarcato politico. Eufemismo necessario a evitare conseguenze legali.
De Luca chiama tutto questo “pizzo legalizzato”, e non è solo una formula felice: è la diagnosi di un male cronico. Poi l’affondo sui trasporti pubblici locali, dove – ricorda – è nata l’indagine che ha riportato in scena Totò Cuffaro con altri diciassette indagati. “Una concentrazione di potere familiare che neppure i Borbone”, dice De Luca.
E in effetti, da Palermo a Siracusa, la mappa delle concessioni somiglia più a un albero genealogico che a un piano di mobilità. Il leader di Sud Chiama Nord resta all’opposizione, ma tende a Schifani una mano con il dito puntato: “Collaboriamo, ma fate qualcosa. Altrimenti, tutti a casa”. Traduzione: la pompa ce l’ho io, ma non chiedetemi pure di fornire l’acqua santa.
Il prossimo terreno di scontro sarà la legge di stabilità, dove De Luca promette di “scrostare” la Regione da lobby e clientele. “Vogliamo un governo della rivoluzione”, dice, “per levare le incrostazioni affaristiche che resistono da trent’anni”. In fondo, la pompa diserbante di De Luca non è una trovata: è un avvertimento.
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