La migrazione dei talenti costa al Sud oltre 4 miliardi
Il prezzo di questa forzata mobilità svuota i territori del Mezzogiorno e ridisegna il Paese
Ogni anno, ogni giorno, il Sud perde capitale umano, energie e prospettive: la migrazione dei talenti costa 4,1 miliardi.
La migrazione dei talenti
Secondo il focus Censis–Confcooperative “Sud, la grande fuga”, l’esodo di studenti e laureati verso il Centro-Nord e l’estero genera un impatto economico di questo peso. È il prezzo di questa forzata mobilità che svuota territori e ridisegna il Paese.
Nel 2023 134 ila studenti hanno lasciato le università del Sud per iscriversi in quelle del Centro-Nord. Altri 36mila laureati hanno fatto la stessa scelta. In 23mila hanno trovato lavoro al Nord, 13mila hanno varcato i confini nazionali. Sono 170mila giovani che spostano competenze, risorse e futuro.
“C’è un treno che parte dal Mezzogiorno ogni giorno. È carico di sogni, talenti, futuro, ma non torna mai indietro”: il commento di Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative può apparire lirico ma è amaro. “L’esodo non è solo una statistica – precisa -: è una perdita sociale, economica, demografica, culturale. Una fuga che al Sud costa oltre 4 miliardi”.
I dati del Censis: un costo di 4 miliardi
I dati del Censis mettono nero su bianco il conto. Solo in tasse universitarie il Mezzogiorno perde 157 milioni di euro ogni anno, evaporati dalle casse dei suoi atenei. Somme trasformate in entrate per gli atenei del Centro-Nord, dove le rette sono più alte: 2.066 euro contro i 1.173 del Sud. Il differenziale pesa anche sulle famiglie, che sostengono una spesa aggiuntiva di altri 120 milioni di euro l’anno.
Il saldo è netto: 256 milioni di euro in più per le università del Nord e 145 milioni in meno per quelle del Sud. Una migrazione che sposta capitale umano e finanziario insieme agli studenti.
Le città universitarie più attrattive restano Roma, Milano e Torino. Nella Capitale studiano 32.895 giovani meridionali, pari al 16,4% degli iscritti totali. Milano accoglie 19.090 studenti (10,1%) e Torino 16.840 (15,7%). Seguono Bologna con 11.813 studenti, Pisa con 6.381, Firenze con 4.844 e Parma con 4.473. Una mappa dei centri accademici del Centro-Nord che attraggono sempre più giovani del Mezzogiorno.
C’è anche un piccolo flusso inverso, ma non basta. Circa 10mila studenti dal Centro-Nord si iscrivono alle università meridionali. Avrebbero versato 21 milioni di euro di rette al Nord, ma ne pagano 12 al Sud. questa la dinamica di un costo di miliardi per la migrazione dei talenti. Una contro-migrazione debole: non compensa né mitiga gli effetti economici e sociali del fenomeno.
Il danno più grave per il Sud, se partono i laureati
Il danno più grave, quando a partire sono i laureati. Ogni giovane formato al Sud rappresenta un investimento pubblico e privato di 112 mila euro, dalle elementari fino alla laurea. I 13mila partiti per l’estero equivalgono a 1,5 miliardi di euro di risorse disperse. I 23mila trasferiti al Centro-Nord pesano per altri 2,6 miliardi. In tutto, 4,1 miliardi di euro. Soldi spesi per formare una generazione che restituisce competenze e produttività altrove.
Dietro le cifre, scelte personali e strutturali. Chi parte cerca opportunità che il territorio non offre: stipendi più alti, carriere più rapide, ambienti innovativi. Chi resta, si scontra con un mercato del lavoro fragile, poca ricerca, investimenti scarsi. Il risultato è uno svuotamento generazionale che tocca università, imprese e comunità locali.
Nel Mezzogiorno una carenza di filiere
Eppure il Mezzogiorno non è privo di risorse. Ha energie, saperi, potenzialità produttive, ma registra l’assenza di un sistema capace di valorizzarle.
I laureati in discipline Stem (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica) rappresentano solo il 22,4% del totale nazionale, undici punti sotto il peso demografico dell’area. E le startup innovative non superano il 28,3% del totale italiano. Numeri che raccontano una carenza di filiere tra formazione, impresa e ricerca. Perciò, il costo di oltre 4 miliardi per il Sud con la migrazione dei giovani talenti.
“La strada per invertire la rotta esiste – spiega Gardini –: investire in innovazione, formare in ambiti strategici, aprire finestre internazionali. Il sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca è l’unica via per collocare il Mezzogiorno sulla frontiera tecnologica e restituirgli competitività. L’unica strada per non continuare a guardare quel treno partire senza ritorno”.
Ogni mattina quel treno riparte davvero. Porta con sé migliaia di giovani, anni di studio, investimenti pubblici e familiari. Lascia indietro paesi più vuoti, università in affanno, un capitale umano che altrove diventa valore aggiunto. Senza una inversione di rotta, la migrazione interna continuerà. E con essa, la perdita silenziosa di una risorsa preziosa: la capacità di immaginare e costruire il proprio futuro dove si è nati.
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