Forza Lavoro e Transizione Demografica: lo scenario per l’Italia al 2050
Il progressivo invecchiamento della popolazione costituisce una delle trasformazioni demografiche più rilevanti e strutturali che l’Italia, così come altri Paesi sviluppati, si trova oggi ad affrontare. Tale fenomeno, determinato dal combinarsi del prolungamento dell’aspettativa di vita e della riduzione della natalità, non si limita ad accrescere l’età media della popolazione, ma modifica in modo sostanziale la composizione stessa della società.
Le conseguenze
Le coorti più anziane assumono infatti un peso crescente rispetto alle generazioni più giovani e a quelle attualmente inserite nel mercato del lavoro. Le conseguenze di questo mutamento sono particolarmente rilevanti in ambito socio-economico e, in modo specifico, per il sistema produttivo e il mercato del lavoro.
I dati Istat
Come spiega l’Istat, la diminuzione della popolazione tra i 15 e i 64 anni, considerata la fascia attiva, comporta un potenziale calo dell’offerta di forza lavoro. Meno persone in età lavorativa significano meno lavoratori disponibili, con conseguenze sulla capacità produttiva generale e sulla sostenibilità dei sistemi pensionistici e di welfare. Inoltre, l’allungamento della vita media fa sì che sempre più persone restino attive oltre i 65 anni, grazie all’innalzamento graduale dell’età pensionabile, ma anche per scelta o necessità economica.
Una situazione complessa
A “complicare” la situazione sussistono poi altri fattori sociodemografici: il progressivo calo delle nascite riduce l’ammontare di popolazione che può entrare nel mercato del lavoro una volta superata la fase della formazione; e l’aumento del livello di istruzione tra i giovani, a sua volta, rischia di ritardare l’ingresso nel mondo del lavoro, contribuendo ulteriormente al restringimento della “fascia centrale” della forza lavoro, quella su cui di fatto si regge il sistema economico e produttivo di un paese.
I dati Istat In Italia
Ma di che tenore sono i numeri? L’Istat ha stimato l’andamento futuro delle forze di lavoro fino al 2050 in Italia, ricordando che i dati presentati vanno considerati con cautela, soprattutto nel lungo periodo. Dunque, dall’inizio degli anni Duemila, la quota di popolazione residente di 15-64 anni rispetto al totale si è ridotta dal 66,7% nel 2004 al 63,5% nel 2024 e si prevede che scenderà al 54,3% nel 2050. Un decremento che pone importanti sfide alla capacità produttiva e alla sostenibilità del sistema del nostro welfare.
La notizia positiva per l’Italia
La lieta novella, invece, è legata al tasso di attività totale della popolazione di 15-64 anni, che è salito dal 62,5% del 2004 al 66,6% del 2024 (nel 2050 potrebbe raggiungere il 73,2%). Tale aumento è stato trainato soprattutto dalla maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, anche se il divario tra i sessi resta (nel 2024 il tasso di attività maschile si attesta al 75,6%, mentre quello femminile al 57,6%. Nel 2050, però, ci sarebbe un ulteriore avvicinamento tra i generi). Riassumendo: malgrado il previsto incremento dei tassi di attività, la dimensione della popolazione attiva italiana è destinata a subire un calo.
E il BelPaese rispetto al resto d’Europa?
Nonostante alcuni progressi, l’Italia continua comunque a registrare tassi di attività inferiori rispetto ad altri grandi Paesi europei, come Francia e Spagna, con un tasso pari al 74,5%, e Germania, con oltre l’80%.
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