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Suicidi in divisa: quaranta solo nel 2025

di Priscilla Rucco -


Nella mattinata del 29 novembre 2025, il giovane comandante Marco Lomagistro, 31 anni, in servizio alla stazione dell’Arma dei Carabinieri nella caserma di Tursi (provincia di Matera), si è tolto la vita con la pistola d’ordinanza.

Si tratterebbe di suicidio, ma si indaga

Originario di Laterza (provincia di Taranto), la sua morte ha gettato nello sgomento l’intera comunità, i colleghi di Tursi e quelli del paese d’origine. Nel comunicato si legge che il gesto estremo – al momento considerato un suicidio – è oggetto di indagine da parte del comando provinciale di Matera, che cerca di ricostruire le circostanze e le possibili ragioni che lo hanno spinto a compierlo.  Dietro questo dramma c’è una vita spezzata e una storia interrotta – come spesso accade – di un ragazzo che indossava una divisa, ma che ha vissuto un dolore tanto grande da far crollare ogni difesa.

Una piaga aperta: i numeri dei suicidi “in divisa”

Il caso di Tursi riaccende un allarme che, tradizionalmente, resta in gran parte “nell’ombra”: quello dei suicidi delle forze dell’ordine e nelle forze armate italiane. Secondo l’Osservatorio permanente interforze sui suicidi tra gli appartenenti alle forze dell’ordine (istituito sei anni fa), tra il 2019 e il 2023 si sarebbero registrati 275 suicidi tra poliziotti, carabinieri, finanzieri, agenti penitenziari e, in alcuni conteggi, anche forze locali – una media che corrisponde approssimativamente ad una morte ogni sei giorni -. Per quanto riguarda l’Arma dei Carabinieri, nello stesso arco di tempo si contano 78 suicidi, con 9 casi solo nell’ultimo anno.

Il problema analizzato e non risolto

Uno studio pubblicato su una rivista psichiatrica ha analizzato i suicidi nella polizia italiana dal 1995 al 2017 (271 casi), rilevando un tasso medio di circa 11,8 suicidi ogni 100 mila persone per singolo anno, sensibilmente superiore rispetto alla parte generale della popolazione della medesima fascia d’età. Solo nel 2025 i casi ad oggi sarebbero quaranta. In molti casi, come quello di Lomagistro, le pistole d’ordinanza sono il mezzo utilizzato per il suicidio. Un forte segnale che sottolinea quanto l’uniforme, il servizio e la caserma stessa possano trasformarsi, per chi soffre, in gabbie senza via d’uscita. 

Le ferite invisibili dei suicidi in divisa: stress, solitudine, silenzio

Le cause di questi suicidi non sono quasi mai univoche. Le statistiche, infatti, evidenziano come molto frequentemente i fattori scatenanti siano di natura strettamente personale: problemi familiari, lutti e separazioni. Ma non solo. Lo stress psicofisico legato al lavoro, i turni pesanti, la pressione emotiva e l’esposizione continua al pericolo ne possono favorire il crollo. Recentemente, negli ultimi anni, molte organizzazioni sindacali e associazioni per la salute mentale denunciano che il silenzio istituzionale – per il mancato riconoscimento ufficiale del problema – peggiora drasticamente le cose. Si richiede che il suicidio tra le forze dell’ordine venga riconosciuto come causa di morte da servizio, affinché le famiglie possano ricevere sostegno e perché si possano aprire dei percorsi di assistenza psicologica.

Non un “solo un caso”

Quando un carabiniere, un agente, un militare o un poliziotto si tolgono la vita, non muore “solo un collega”: crolla una famiglia, una comunità si interroga. Ogni numero di un rapporto, ogni cifra di un dato statistico nasconde sofferenza, storie, sogni e paure. Ciò di cui abbiamo bisogno è una volontà politica ed istituzionale che metta a disposizione gli strumenti fruibili per il benessere mentale, un supporto che entri nelle caserme e che non si celi dietro alla rigidità delle uniformi.


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