Economia

Gli agricoltori all’arrembaggio dell’import sleale

di Giovanni Vasso -

Pescatori incatenati in mare aperto, alle gabbie per l'allevamento, davanti al porto di Alghero, il 27 settembre 2013. Una clamorosa protesta contro il boom dei canoni demaniali marittimi per gli impianti di acquacoltura che scattera' a gennaio. L'iniziativa e' stata promossa da Coldiretti Impresa Pesca. Dal prossimo anno - spiega Coldiretti - scattera' infatti una norma contenuta in una vecchia Finanziaria che prevede l'aumento dei canoni demaniali marittimi per l'acquacoltura. "Una vera e propria stangata - denuncia l'organizzazione - per le imprese del settore che saranno costrette a chiudere". L'aumento, secondo Coldiretti, colpisce un comparto, quello della pesca, che negli ultimi 30 anni ha gia' perso il 35 per cento delle imbarcazioni e 18.000 posti di lavoro. ANSA/ UFFICIO STAMPA COLDIRETTI +++ HO - NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++


Non solo grano, gli agricoltori denunciano l’aumento dell’import anche per altre colture strategiche e di larghissimo consumo come le patate e i pomodori. Scelte che mettono in ginocchio la filiera italiana e che inducono un numero sempre crescente di operatori a ribellarsi, apertamente. Così come è accaduto a Salerno, nei giorni scorsi, quando Coldiretti è scesa al porto della città campana per “bloccare” una nave carica di passata e concentrato di pomodoro provenienti dalla Cina. La protesta ha coinvolto circa 150 manifestanti che hanno tentato di andare “all’arrembaggio” della nave che trasportava il carico di merce. Il cui viaggio verso l’Italia era iniziato, in treno, dalla Cina nord-occidentale per approdare prima al porto kazako di Aktau, poi a quello azero di Baku e infine a Salerno. Nella mattinata di ieri, per verificare la denuncia degli agricoltori e per valutare il grado di sicurezza del pomodoro, c’è stata l’ispezione, al porto salernitano, dei carabinieri del Nas sul carico da sdoganare. Il portavoce di Coldiretti Campania, Roberto Esse, aveva affermato: “Riscontriamo l’aumento del 50% delle importazioni di salsa di pomodoro cinese in Italia alla metà del prezzo di quello italiano: non si conosce la provenienza, né le tecniche usate per la lavorazione, né gli standard qualitativi di questi prodotti importati, con il rischio che vengano spacciati sui mercati nazionali ed esteri come Made in Italy, con gravi danni per tutto il comparto agricolo nazionale”.

Nelle stesse ore, a Bari, le imbarcazioni con le bandiere gialle di Coldiretti si erano impegnate a stanare le navi cariche di grano estero diretto in Italia. E hanno “intercettato” una nave turca carica di 75mila tonnellate di grano. La denuncia degli agricoltori sul fronte dell’import ritenuto sleale è vibrante: “La nuova asta turca del grano affossa il Granaio d’Italia, proprio quando si sono accese le mietitrebbie per la racconta in Puglia mentre il prezzo del grano è sceso sotto i costi di produzione”. Una doppia iattura. L’avidità, però, ha un prezzo. Bello salato. Difatti, accusano gli agricoltori, “non vogliamo il grano straniero” perché è necessario impedire “che vengano spacciati come pane e pasta italiani quelli ottenuti con grano importati”. Insomma, per Coldiretti è a rischio il buon nome del Made in Italy. “In Puglia è a rischio la sopravvivenza di 38mila aziende – ha dichiarato il presidente di Coldiretti Puglia Alfonso Cavallo -, sotto accusa ci sono gli accordi di libero scambio europei per cui vanno fermate le importazioni sleali, introducendo con decisione il principio di reciprocità per far in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e delle norme sul lavoro”.

Il presidente nazionale Ettore Prandini aveva rivendicato: “Come Coldiretti siamo ai porti di Bari e Salerno contro le importazioni sleali fatte con lo sfruttamento dei lavoratori cinesi o senza rispettare gli standard europei. Vogliamo che venga rimesso in discussione il principio del codice doganale sull’origine dei cibi, dove ciò che conta è solo l’ultima trasformazione”. Prandini applaude il governo ma chiede di più: “Bene che il ministro Lollobrigida abbia aperto a questa possibilità, che è per noi la madre di tutte le battaglie a livello europeo. Riteniamo che non può e non deve essere l’ultima trasformazione, ma il prodotto che viene utilizzato, che ne deve esaltare quella che è l’italianità”. “Per questo – ha aggiunto Prandini – siamo oggi nei porti, per denunciare questa stortura che mette a rischio il nostro made in Italy e le nostre aziende e per questo stiamo raccogliendo 1 milione di firme per la richiesta di una legge popolare europea per ottenere l’obbligo di origine su tutti i prodotti in tutta Europa”.

Grano e pomodoro, dunque. Ma sotto attacco ci sarebbero anche le patate. Secondo un’analisi di Coldiretti, condotta su dati Istat, a causa del cambiamento climatico e dell’import selvaggio a detrimento degli agricoltori e del mercato interno, la produzione italiana rischia davvero grosso. Nel 2024 s’è triplicata l’importazione dall’Egitto. Nel 2023 l‘import di tuberi era salito addirittura del 39%. Dato che, tradotto in altre cifre, rappresenta ben 791 milioni di chili di patate straniere approdate in Italia. A cui, però, vanno aggiunti altri 298 milioni di chilogrammi di tuberi precotti e surgelati.


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