Al via la campagna per il referendum sulla riforma della Giustizia
Ieri alla Camera presentato il comitato per il Sì promosso dalla Fondazione Einaudi
La campagna per il referendum sulla riforma della giustizia inizia a muovere i primi passi concreti. Alla consultazione popolare, che si terrà la prossima primavera, manca ancora tempo, ma il clima, i toni del dibattito, le divisioni e la distanza tra i sostenitori del Sì e quelli del No sono già netti. Se ne è avuta conferma ieri alla Camera, in occasione della presentazione del comitato referendario SìSepara, promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi e presieduto da Gian Domenico Caiazza, già presidente dell’Unione delle Camere penali. È bastato aprire la cartella stampa. A saltare immediatamente all’occhio è stata una foto di Nicola Gratteri corredata da una sua dichiarazione contro la separazione delle carriere e dalla scritta “Falso” a caratteri cubitali.
Un’operazione “verità”
La dimostrazione di come i sostenitori della riforma partano con il piede sull’acceleratore e si dicano impegnati innanzitutto a “interrompere e ribaltare il fiume di menzogne” ma anche quella vera e propria “opera di disinformazione e inganno” utilizzati da chi vi si oppone. È, insomma, evidente che la comunicazione sarà la vera protagonista della campagna referendaria, come poche volte accaduto in passato. Nel “fiume di menzogne” da smascherare rientra a pieno titolo l’esigenza di chiarire che, contrariamente a quanto si vuol far credere, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura non vengono in nessun modo intaccate da una riforma che non modifica minimamente l’articolo della Costituzione che prevede questi principi.
Una riforma attesa da tempo
Ancor più importante è però chiarire che la separazione delle carriere si inserisce in un assetto, anche costituzionale, in vigore da tempo. Quello per il quale il giudice deve essere terzo ed equidistante da accusa e difesa. Rompere solo oggi il legame per il quale giudici e pm sono di fatto tecnicamente colleghi, definito dal comitato SìSepara come una “fratellanza di sangue”, segna quindi un colpevole ritardo. E le ragioni di questo ravvedimento estremamente tardivo sono da ricercare in una politica che non ha saputo essere unita nel perseguire l’interesse nazionale di tutti i cittadini. Nell’approvare insieme una riforma non di parte, ma di civiltà giuridica.
I partiti asserviti alle toghe
Quella politica che, per quanto riguarda l’opposizione, è totalmente asservita all’Anm. E qui si apre un altro capitolo. Quello del sindacato delle toghe che è sceso in campo per tutelare il proprio potere. Trovando sponda in partiti, su tutti il Pd, che fino all’altro ieri erano a favore della separazione delle carriere e che proprio per questo sulla questione iniziano a mostrare le prime crepe.
La posizione di Di Pietro
Lo dice a chiare lettere Antonio Di Pietro, tra i sostenitori del referendum sulla riforma della giustizia e presente alla Camera tra i relatori della conferenza stampa di presentazione del comitato referendario per il Sì promosso dalla Fondazione Einaudi. “Dispiace – dice a L’identità l’ex pm al termine della presentazione del comitato SìSepara – ci siano partiti, che pur essendo intimamente convinti della bontà di questa riforma, invogliano i cittadini a votare No per partito preso. Questo non è fare politica, ma strumentalizzare la politica per i propri fini: si chiama truffa”.
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