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L’INTERVISTA – Aurelio Mancuso: “Tutti sapevano di Zan, la solita doppia morale”

di Domenico Pecile -


Si autodefinisce “serenamente un appartenente alla Comunità Lgbt”, pur “non facendo parte del movimento”. Ex segretario e presidente nazionale di Arcigay, iscritto al Pd – con cui va spesso in rotta di collisione proprio su temi legati alla questione Lgbt – Aurelio Mancuso si definisce un liberale. È in buoni rapporti con Elly Schlein nonostante le diverse e distanti opinioni su maternità surrogata e diversità di genere. E dà una lettura “pragmatica e realista” della vicenda, portata alla luce da Report, che vede coinvolti i due deputati del Pd, Alessandro Zan e Michela Di Biasi.

Il caso Zan-Di Biase può essere definito un caso-Soumahoro in salsa Lgbt?
No. Non vedo nessun possibile collegamento. Soumahoro, e più che altro la sua famiglia, hanno raccontato un sacco di balle, mentre Zan e di Biase non hanno celato nulla. Si tratta infatti di una vicenda nota da tempo, di dominio pubblico.

Nessuno come lei, credo, sia titolato a commentare la vicenda che coinvolge il paladino di gay, lesbiche e trans. Cosa ne pensa più nel dettaglio?
Personalmente non mi stupisco del fatto che ci siano parlamentari che hanno attività in qualche modo legate al ruolo istituzionale che ricoprono. Tuttavia, come accennavo, non si tratta di una novità. Voglio cioè dire che Zan da 16 anni è il patron del Pride di Padova e che tutti ne erano a conoscenza. Non so se la magistratura – e spero di no – abbia qualcosa da dire in merito. Dopodiché sul livello morale…

Già, dopodiché?
Arrivo, ma serve una premessa. È assodato che le attività, anche le Lgbt, hanno bisogno di soldi per sopravvivere e finanziarsi e in questo da sempre c’è la doppia morale: si è antagonisti in piazza e poi, dico giustamente, si fanno attività sociali per sostenere la causa. Se l’Arcigay non avesse avuto il sostegno di discoteche e cruising non avrebbe mai potuto fare politica per sostenere le cause. Senza contare poi i proventi dei tesseramenti dei circoli.

Dunque, secondo lei il nocciolo di tutta la questione ruota attorno a quello che ha definito il livello morale?
Alessandro sostiene, e non ho motivo di credere il contrario, di non avere mai preso un soldo e che tutto il guadagno di questa attività serve per rifinanziarla per l’anno successivo. Quindi, non vedo profili strani. Però personalmente ritengo che quando sei parlamentare forse sarebbe meglio avere una certa cautela anche se va ricordato che lui ha fondato questa attività quando ancora non era deputato. Vero è che nessuna legge lo vieta e che il problema resta dunque confinato alla sensibilità personale.

Questione di opportunità e non di legge, mi pare di capire. Se è così, secondo lei perché in Italia quando si entra nel merito dell’opportunità politica nessuno fa mea culpa e soprattutto nessuno si dimette dagli incarichi che ricopre?
Io credo che in Italia esista un problema – anche nello specifico del movimento Lgbt – il problema della cosiddetta doppia morale secondo cui si è molto a sinistra sulle posizioni politiche più radicali circa i diritti, ma lo si è molto di meno quando si parla di soldi, della gestione degli stessi, di finanziamenti, di attività ricreative a supporto. Non è una novità. E Alessandro non è né il primo, né l’unico che svolge attività commerciali di supporto alla causa.

Un problema diffuso, dice, probabilmente incancrenito e che in Italia non è stato mai affrontato fino in fondo. Perché?
Nel nostro Paese esiste una questione politica profonda ed è quella relativa al lobbismo. È un problema che in gran parte dell’Europa è stato affrontato e risolto nel senso che gli ambiti di questa attività sono chiari, delineati. Quindi da noi non è colpa dei soggetti interessati. E poi di che cosa ci dobbiamo scandalizzare? Tutti sanno che il circolo Mario Mieli, che ha posizioni molto radicali e antagoniste, da 20 anni gestisce “Muccassassina” che è la fonte necessaria di reddito. Ma di contro le pie sorelle se non aprono alberghi-rifugio per pellegrini non campano. Insomma, anche sul caso-Zan tutti sapevano, dal Comune agli enti, alle varie istituzioni. E perché ci si è svegliati soltanto adesso? Boh, io non ho risposte.

E del caso Di Biase cosa dice?
Sapevo che aveva promosso questa società a sostegno delle donne. Non mi era parsa un’iniziativa negativa. Che tutto questo ora prefiguri profili per la magistratura non lo so, Resta il nodo dell’opportunità. Al proposito vorrei chiedere quanti soldi pubblici ricevono iniziative marcatamente di sinistra e di lotta senza battere ciglio.

Doppia morale…
Appunto.


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