Economia

Capitan Ponte, dalle felpe ai cantieri: la metamorfosi di Salvini

di Giovanni Vasso -

MATTEO SALVINI MINISTRO CON GLI OPERAI DEL CANTIERE


Dalle felpe al casco da operaio. Matteo Salvini è diventato l’uomo dei cantieri con l’obiettivo, sopra tutti gli altri, di riuscire là dove tutti hanno fallito prima. Farsi ricordare come il ministro che ricucì Reggio Calabria a Messina, Capitan Ponte. Il vicepremier ha evidentemente preso molto sul serio il suo ruolo al dicastero delle Infrastrutture. Ha cambiato look, parla di lavori e di progetti, punta a modernizzare l’Italia per il tramite dei cantieri. In fondo è il modo più veloce e coerente di riproporre, a distanza di qualche anno dall’exploit elettorale ai tempi della (fine) del Conte 1, la proposta di superare le ideologie. E se il gioco politico, prima o poi, ti intruppa dall’una o dall’altra parte del Parlamento, il vicepremier sa bene, come ha detto ieri a Milano al taglio del nastro della tratta M4 della metropolitana che collegherà San Babila, nel centro della città, direttamente con l’aeroporto di Linate, che “le infrastrutture non hanno colore politico, non sono né di destra né di sinistra”. E consentono di ragionare e lavorare con tutti. Persino con Beppe Sala, il sindaco di Milano arcinemico – almeno se si guardano sigle e appartenenze politiche – della Lega identitaria.

Patto per il ponte sullo Stretto

La lezione che Salvini ha imparato, inoltre, è quella che ha fatto il successo della Lega già dagli anni ’90. Ai cittadini importa vedere opere, cantieri in moto, infrastrutture capaci di cambiare (in meglio) la vita di tutti i giorni. Per sconfiggere le ideologie di ritorno, il ministro rispolvera un evergreen della politica italiana: il fare.  Perciò propone “un’alleanza tra uomini del fare e del sì” che potrebbe comportare per l’Italia “nei prossimi quattro-cinque anni” la nascita di “una rivoluzione industriale, infrastrutturale, ambientale, economica e lavorativa” che riporterebbe il Paese ai fasti economici del Dopoguerra. “Quando hanno realizzato l’Autostrada del Sole, anche lì c’era chi diceva no. Anche oggi c’è qualche resistente e nostalgico del no, ma se sanciamo che Milano è la patria del sì, del fare e del progettare, facciamo un grande servizio al Paese”, ha detto. Ambizione e lavoro. E sono tanti i cantieri, da Roma a Milano, e tanti i rapporti che il ministro sta allacciando e consolidando in questi mesi. C’è la M4, ma c’è anche la Linea C della metro di Roma. C’è poi, la questione dell’autostrada A4. Che, a Salvini, serve per centrare un obiettivo non da poco, anzi tre: togliere la gestione ai privati (leggi Benetton), affidare alla Regione gli introiti dell’arteria strategica dal momento che il nuovo triangolo industriale non guarda più a Torino e Genova ma, da Milano, si estende tra Venezia e Bologia, fare pace con Luca Zaia, l’unico che potrebbe davvero dargli filo da torcere in termini di leadership.

L’abbraccio in Sicilia: “Faremo quel Ponte”

Ma in testa c’è un chiodo fisso. Il ponte sullo Stretto di Messina. Per Salvini, più che un’ambizione, è una promessa: “Il Ponte sullo stretto a regime toglierà 140 mila tonnellate dall’aria di Co2”, spiega agli ambientalisti (e non solo a loro). “Si tratta di opere green, moderne, innovative ed ecocompatibili anche con il lavoro”. Ma Salvini non è il solo a volere, fortemente, l’opera. Ha, dalla sua, gli imprenditori. Come Pietro Salini, ad di Webuild, che ha detto: “Il Ponte di Messina è un sogno per gli italiani che deve essere realizzato. Dobbiamo riuscire a fare in modo che queste grandi opere non siano solamente sfida sul terreno politico. C’è una legge dello Stato che dice che il Ponte si deve fare e va rispettata”. E quindi si è sbilanciato sui tempi: “Spero di poter dire al ministro che siamo pronti per marzo a iniziare le opere. Oggi dobbiamo dare il nostro contributo come Webuild, perché è previsto che Eurolink, un consorzio a cui noi partecipiamo, rinegozi il contratto aggiornando il progetto. Noi abbiamo già cominciato”.


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