Il Codice della Strada 2.0 e la Giustizia al contrario
Posto di blocco Polizia Locale di Milano, Milano, 19 Novembre 2024, Ansa/Andrea Fasani,
Critiche alla riforma del Codice della Strada
Il ministro Salvini ha rifatto il Codice della Strada: controlli antidroga ovunque, limiti più rigidi di un collegio dei gesuiti e multe che, per aver fatto i 55 invece dei 50, ti svuotano mezzo stipendio. Perfetto per “fare cassa, fare cassa, fare cassa”. Peccato che la norma più assurda di tutte sia rimasta lì, immacolata: se non ti fermi all’alt dei Carabinieri, paghi solo 100 euro. Praticamente meno di una cena. Se invece arrivi tardi al lavoro e superi il limite di 5 km/h, ti trattano come Pablo Escobar. È il solito miracolo italiano: il cittadino onesto diventa il bersaglio, mentre il delinquente vero viene trattato coi guanti bianchi, perché poverino, “va capito”, “va compreso”, e soprattutto va difeso… a patto che non sia un immigrato da cui dipende la narrativa della sinistra.
Giustizia e disparità di trattamento
E la giustizia? Sempre la stessa liturgia: Caino è la vittima, Abele la causa scatenante. La certezza non è della pena, ma della beffa. Politica e magistratura perseguitano chi lavora, guida, paga e rispetta, mentre chi fugge all’alt – mettendo a rischio vite, non limiti di velocità – se la cava con una mancia. È semplice: in Italia Abele paga il tutor, Caino il caffè.
Il caso Ramy e il paradosso giudiziario
Nel caso Ramy abbiamo superato ogni limite – e non solo quelli del Codice della Strada. Una moto lanciata a 120 km/h in pieno centro, un inseguimento di otto chilometri, un mezzo che sfreccia come in un videogioco. Chiunque penserebbe che il primo da indagare sia chi guidava come un folle. Chiunque… tranne il Pm che ha deciso di aprire un fascicolo su sette Carabinieri. Sette. Il motociclista? Neppure sfiorato.
Una giustizia capovolta e senza fiducia
È la nuova giustizia creativa: quella che non applica il buon senso, ma lo capovolge. Quella che ribalta perfino la ratio delle leggi votate da un Parlamento democratico. Quella che ormai sembra avere un’unica bussola: non disturbare chi sta dall’altra parte, da quella opposta agli italiani che le regole le rispettano o le fanno rispettare. E così ci ritroviamo in un Paese dove chi mette in pericolo tutta la città diventa vittima, mentre chi tenta di fermarlo diventa imputato. Una giustizia che non è più riconosciuta come tale dalla maggioranza degli italiani. Una giustizia che sta tradendo la sua stessa missione.
Forse è davvero arrivato il momento di cambiare qualcosa — non le regole della strada, ma quelle di una giustizia che ormai viaggia contromano. Sempre. Tutte le volte. E soprattutto contro chi difende il Paese.
Leggi anche: Tesla, sistema guida autonoma salva automobilista USA da scontro frontale notturno
Torna alle notizie in home