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Cospito, la Cassazione conferma la condanna a 23 anni

di Flavia Romani -


Confermata la condanna ad Alfredo Cospito. Diventa definitiva la condanna a 23 anni di carcere per l’anarchico, nel procedimento legato all’attentato alla ex caserma allievi carabinieri di Fossano del 2006. Lo ha deciso la Cassazione. I magistrati della sesta sezione hanno rigettato i ricorsi della Procura Generale di Torino e delle difese, così come sollecitato dal pg.

Cospito è attualmente detenuto al regime carcerario del 41 bis, a Sassari, dove è rientrato a giugno, dopo aver trascorso oltre quattro mesi nel penitenziario di Opera di Milano dove era stato trasferito per motivi di salute scaturiti dallo sciopero della fame a cui l’anarchico si era sottoposto – dal 20 ottobre del 2022 al 19 aprile del 2023 – per protestate contro il regime del carcere duro.

I supremi giudici hanno quindi accolto la richiesta del procuratore generale, che aveva chiesto di confermare la condanna a Cospito inflitta nel giugno dello scorso anno dalla Corte d’assise d’appello di Torino. Il rappresentante dell’accusa aveva sollecitato il rigetto del ricorso del procuratore generale di Torino e l’inammissibilità di quelli presentati dalle difese dei due imputati, gli avvocati Flavio Rossi Albertini e Caterina Calia.

Secondo la Cassazione il danno “effettivamente realizzato” nell’azione “è di particolare tenuità. Appaiono quindi corrette le determinazioni poste nella sentenza impugnata”. L’udienza in Cassazione è stata anticipata dalle azioni in solidarietà a Cospito con diversi blitz a Roma. Le azioni sono state compiute nella zona del quartiere Tuscolano dove è stata anche danneggiata un auto e sui muri sono comparse le scritte “Anna e Alfredo liberi”.

Nelle motivazioni della sentenza di Appello, i giudici di Torino scrissero che l’azione del 2006 fu “un grave atto terroristico” che però ebbe ripercussioni “modestissime”. Una “strage politica”, certo, ma senza vittime e senza grossi danni, e che quindi deve essere considerata di “lieve entità”. “L’azione – si legge – ha avuto una blanda ripercussione sulla compagine statale o, comunque, su una parte di essa (l’Arma dei carabinieri, ndr), e ha comportato un pericolo limitatissimo di una lesione alla personalità dello Stato e all’ordine democratico”.


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