Parla Michele Marsiglia (Federpetroli): "Situazione in divenire, il greggio può arrivare già a 130 dollari al barile"
Le conseguenze del furore, Israele attacca l’Iran e il mondo rischia di ritrovarsi al cospetto dello spettro di una crisi del petrolio paurosa, come quella che caratterizzò gli anni ’70. Michele Marsiglia, presidente Federpetroli, fa il punto della situazione a L’identità.
Presidente Marsiglia, dopo i raid corre il prezzo del petrolio..
Dobbiamo essere ragionevolmente pronti ad aspettarci che il prezzo del petrolio greggio possa salire, in pochissimo tempo, anche fino ai 130 dollari al barile. Dobbiamo comprendere se gli attacchi hanno colpito anche le infrastrutture energetiche petrolifere. I media locali hanno parlato, con insistenza, dell’avvistamento di una coltre di fumo nei pressi di Tabriz, dove sorge una delle più importanti raffinerie dell’intera regione. Il ministero del petrolio iraniano e soprattutto la Nioc, la National Iranian Oil Company, hanno riferito che non ci sono stati danni alle infrastrutture. Staremo a vedere. Se non fosse vero e se fossero stati compromessi i siti per la raffinazione, si rischia una riduzione repentina di prodotto sul mercato con un conseguente aumento, altrettanto repentino, dei prezzi.
Se dovesse arrivare a costare tanto, quali sarebbero le conseguenze per famiglie e consumatori?
Sicuramente il prezzo del petrolio in aumento si rifletterebbe sul costo della benzina e dei carburanti. Fare un calcolo ora sarebbe prematuro, è ancora troppo presto. Bisognerebbe, poi, sapere quanto greggio sia stato già acquistato e comprendere quante scorte di raffinazione hanno in pancia le aziende. E, ripeto, occorre vedere cosa succede in Iran. Rischiamo scenari ben peggiori, in cui un’eventuale quotazione a 130 dollari rappresenterebbe solo un punto di partenza verso chissà quali altri picchi…
Che può succedere ancora?
Se dovesse chiudere Hormuz, il maggior punto di transito del petrolio a livello mondiale, rischieremmo di ritrovarci catapultati in una crisi simile a quella che afflisse l’Occidente cinquant’anni fa. Il problema, in questo caso, non sarebbe più il prezzo ma il fatto che di prodotto, semplicemente, non ne arriverebbe dal momento che sarebbe bloccato il transito alle navi. Uno scenario che, di recente, abbiamo già vissuto con la crisi di Suez che ha portato i prezzi di diversi beni, in pochissimo tempo, addirittura a raddoppiarsi. Dovesse succedere lì, le conseguenze rischierebbero di essere addirittura peggiori.
L’attacco israeliano si verifica in un momento critico per il petrolio, tra i problemi dei produttori Usa e il price cap che al G7 l’Ue vorrebbe imporre su quello russo…
Ho sempre ritenuto che l’Iran sia l’ago della bilancia delle politiche petrolifere, sia sullo scenario mediorientale che, naturalmente, su quello globale. Finora Teheran, nonostante i tanti conflitti nell’area, era rimasta un po’ in sonno. Bisogna capire quali saranno le reazioni. Anche in casa Opec, e soprattutto in Arabia Saudita, si era già iniziato a modificare le politiche petrolifere. Per gli Stati Uniti, lo scenario Iran resta molto preoccupante, così come per il resto del mondo. Per quanto riguarda la Russia, il mercato non sembra essersi accorto granché della proposta avanzata da Ursula von der Leyen. Che, anzi, potrebbe spingere Mosca a vendere agli altri. Essere arrivati al diciottesimo pacchetto sembra testimoniare che finora la politica di sanzioni contro la Russia sia fallimentare.
E l’Africa?
Ieri sera, nel corso di una bella serata promossa dall’ambasciata del Marocco, ho avuto occasione di confrontarmi con tanti diplomatici africani. Le preoccupazioni, già prima che l’attacco si verificasse, erano gravi. Il timore di tutti, ieri sera ma oggi ancora di più, è che la crisi, esplosa con l’attacco israeliano a Teheran, possa incidere, negativamente, sugli sviluppi legati agli investimenti energetici in tutto il Continente.
Anche sul piano Mattei?
Tout ce tient, tutto è collegato. L’Italia vive e lavora in un’economia globale e deve fare i conti, come tutti, con le crisi, anche quelle del petrolio, che agitano il mondo.