Editoriale

De Bello Gaio

di Tommaso Cerno -


di TOMMASO CERNO

Il De Bello Gaio, il libro scritto dal Generale Vannacci che si è definito nipotino di Giulio Cesare, è la prova che in Italia le minoranze come i gay non solo non sono sovrarappresentate ma servono alle maggioranze per parlare di sé e occupare gli spazi che finora non avevano mai avuto. Evidentemente annoiati dal tran tran di una famiglia tradizionale in crisi, c’è un pezzo di Paese che si attacca a chi è diverso da lui. E lo attacca, nel nome della libertà di espressione che fra parentesi è la lotta dei movimenti di liberazione delle minoranze ad avere reso davvero una battaglia di tutti, per farsi pubblicità sulle spalle degli altri.

Meno male che almeno il suo antenato originale, il grande condottiero romano che conquistò la Gallia, non aveva di questi problemi e come raccontano gli storiografi che lo conoscevano meglio del generale in questione sarebbe stato un po’ qua e un po’ là nel definire la propria sessualità romana. Ma poco importa, siamo riusciti a trovare una nuova polemica per far sentire la destra unita, che ha ridato un po’ di smalto al buon vecchio capitano Salvini che da parecchio tempo girava a vuoto sulle infrastrutture, sempre grazie a quella meravigliosa parola che è diverso, in questo caso omosessuale, che rende molto più forti pubblicamente tutti quelli che fanno uso dell’argomento per farsi pubblicità o costruirsi una carriera.

In un Paese serio dovrebbe esistere una tassa sui gay, da versare alla comunità in cambio di tutto questo clamore. Anche perché se c’è un Paese in Europa dove queste minoranze lottano ma ottengono sempre molto meno degli altri è proprio l’Italia, dove ora sono buone solo per le polemiche. E così il De Bello Gaio scala le classifiche forte delle sue invettive contro i diversi, immaginate dal suo autore che rivendica quel diritto di espressione che nessuno gli ha mai negato. Tant’è vero che il libro è uscito, vende, fra poco sarà ristampato da una casa editrice ufficiale, e finalmente gli italiani sanno che fra le loro fila non c’erano soltanto questi omosessuali pronti a prendere il potere ma anche un bel generale dell’esercito che nella vita voleva fare altro e ci sta riuscendo grazie a loro.

Sono proprio le regole dell’esercito che lui ha scelto quelle che hanno posto dei problemi sulla pubblicazione del suo libro e sulle espressioni pubbliche che Vannacci ha voluto scriverci dentro. Non la società civile, non certo le minoranze che si battono per un esercito libero dove anche i soldati omosessuali, che in Italia sono migliaia e migliaia, debbano smetterla di nascondersi. Se fosse stato per noi, mannaggia, il libro l’avrebbe pubblicato pure prima. Ma sono proprio i suoi colleghi militari, le sue regole, i suoi codici, le sue leggi, quelle che lui ha scelto e che lui ha giurato sulla Costituzione di servire che hanno un’idea diversa della società. Qui gli unici diversi sono proprio quelli in uniforme che si stanno dichiarando dimenticati. Che si stanno mostrando come messi da parte rispetto a una società fatta di tante minoranze che avrebbe usurpato il loro spazio. E’ davvero un mondo a rovescio quello che ci racconta il generale Vannacci. E sarebbe proprio ora di raddrizzarlo.

Il problema è che per farlo si deve andare nella direzione opposta a quella che lui indica, perché soltanto quando tutte le minoranze saranno perfettamente uguali alle maggioranze non saranno definite come tali e non rischieranno che qualche illuminato militare ai vertici del nostro esercito li ritenga sovrarappresentati rispetto al peso che nella società hanno quelli come lui, cioè quelli che hanno promesso al Paese che gli uomini sarebbero stati tutti uguali e che non avrebbero assunto comportamenti che invece nella società dei normali, quelli che la divisa non la indossano, i mitragliatori li vedono soltanto esposti nei musei e non guidano i carri armati, è una libertà che ci siamo conquistati e che rivendichiamo.

Vale per Vannacci, per tutti i soldati gay che gli hanno obbedito o che gli hanno dato degli ordini, per il suo antenato Giulio Cesare e soprattutto vale per la gente comune. Quella che è poco rappresentata perché tanto alla fine in televisione e poi in politica non ci finiranno. A differenza sua.


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