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L’allarme della farmaceutica: “La Ue mette a rischio gli investimenti”

I dubbi di Farmindustria sul nuovo pharma package: "Così perdiamo 25 miliardi"

di Maria Graziosi -


L’Ue rischia di far deragliare il treno della farmaceutica. Intendiamoci, le cose vanno (ancora) bene per il comparto. Specialmente per quello italiano. Il guaio, però, è che i pericoli son dietro l’angolo. Già, perché se il settore continua a reggere e, anzi, s’impone come leader e locomotiva dell’export italiano, c’è il (grande) limite della burocrazia Ue, ammantata di divieti, arzigogoli e infarcita di ideologia green. Che rischia di mandare a gambe all’aria gli sforzi della farmaceutica.

Nuove regole Ue, i dubbi della farmaceutica

L’allarme suonato ieri dal presidente di Farmindustria Marcello Cattani è di quelli che non possono essere ignorati. “L’industria ha una missione unica, fare innovazione. Abbiamo l’obbligo di alzare gli standard e sfondare nuove barriere terapeutiche”, ha dichiarato il capo degli industriali farmaceutici italiani. Che ha aggiunto: “Se c’è un settore che naviga questa incertezza come nessun altro è l’industria farmaceutica. Il 2025 è stato un anno importante e significativo, l’Italia ha avuto un anno positivo e il settore non è spaventato dalle crisi mondiali ma servono riforme”. Ecco, appunto. Chiedono riforme ma hanno avuto in cambio, finora, solo ostacoli burocratici: “Serve avere un alleato per far atterrare in Italia investimenti e competenze. Quindi regole aperte, flessibili e velocità. L’Ue si è trincerata invece in ideologie green e non riesce a partorire idee giuste. La governance Ue oggi non va”, tuona Cattani. Che avvisa: “Il pericolo è che si mettano a rischio 100 miliardi di investimenti, per l’Italia parliamo di 25 miliardi in dieci anni”.

Cosa c’è nel “pharma package”

Nel mirino del presidente di Farmindustria c’è la nuova strategia Ue sui farmaci. Che, varata (al solito) come la soluzione a tutti i mali di un comparto che sconta carenze di materie prime nelle supply chain e problemi seri di remunerazione, punta ad accorciare i tempi delle protezioni: si passa, adesso, allo schema basato su otto anni di protezione base dei dati regolatori più uno concesso in ragione di protezione sul mercato. Nove anni estendibili fino a un massimo di undici, a patto di rispettare condizioni ben precise. Una decisione, questa, che induce le imprese a ritenere potenzialmente meno attraente investire in ricerca e sviluppo almeno in Europa. Dove, peraltro, in virtù del “pharma package” dovranno osservarsi standard verdi ancora più ossessivamente restrittivi. E da qui, dunque, la posizione durissima della farmaceutica italiana nei confronti della Ue. Che, ancora una volta, resta a guardare.


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