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Attualità

Francesca Albanese, l’ombra di Hamas e l’imbarazzo dell’ONU

Il centrodestra chiede le dimissioni: “Non può rappresentare l’ONU se partecipa a summit con i terroristi”

di Andrea Fiore -


La figura di Francesca Albanese, relatrice speciale ONU per i Territori Palestinesi, è ormai diventata un caso politico e istituzionale. La sua partecipazione nel 2022 al convegno “Sedici anni di assedio a Gaza”accanto a esponenti di Hamas e persino del jihad islamico, riemerge oggi come una ferita aperta.

Le accuse

Il centrodestra non usa mezzi termini e alza il livello dello scontro. Marco Scurria di Fratelli d’Italia definisce la presenza di Francesca Albanese “non più tollerabile”, mentre Maurizio Gasparri di Forza Italia arriva a chiedere se la relatrice ONU sia “amica di Hamas”, accusandola apertamente di fare da portavoce ai terroristi.

La senatrice leghista Stefania Pucciarelli parla di una vicenda “imbarazzante”, sottolineando come la credibilità dell’ONU sia ormai compromessa. Altri deputati di Fratelli d’Italia annunciano un’interrogazione al ministro degli Esteri per verificare la compatibilità del suo incarico, mentre Federico Mollicone invoca senza esitazioni la rimozione immediata.

A rincarare la dose arriva anche Stefano Parisi, presidente dell’associazione Setteottobre, che parla di “prove schiaccianti” sui legami tra Albanese e Hamas, trasformando la polemica in un vero e proprio processo politico.

Un ruolo compromesso

Essere relatrice ONU significa rappresentare imparzialità e credibilità. Ma come può Albanese svolgere questo compito se la sua immagine è associata a summit con organizzazioni considerate terroristiche? La sua presenza accanto a Hamas mina la fiducia nelle istituzioni internazionali e getta un’ombra sull’ONU stesso.

L’imbarazzo internazionale

La questione non è più solo italiana. Ogni parola di Albanese rischia di essere letta come propaganda, ogni intervento come schieramento. In un contesto delicato come quello israelo-palestinese, la neutralità è essenziale. Eppure, la sua figura appare sempre più politicizzata e divisiva.

Francesca Albanese non è più compatibile con il ruolo che ricopre. La sua vicinanza a Hamas, diretta o indiretta, è un macigno che pesa sull’ONU e sull’Italia. Dimettersi non sarebbe una resa, ma un atto dovuto per salvaguardare la credibilità delle istituzioni. Continuare a difenderla significa accettare che la diplomazia internazionale venga confusa con la militanza.

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