Cronaca

Frigerio e l’arabo che si trasforma in Olindo e Rosa

di Rita Cavallaro -


La battaglia per l’innocenza di Olindo Romano e Rosa Bazzi punta a minare i tre elementi chiave alla base della condanna all’ergastolo per la strage di Erba, il terribile massacro dell’11 dicembre 2006, quando furono uccisi Raffaella Castagna e il suo bimbo Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, mentre il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, sopravvisse miracolosamente allo sgozzamento, grazie a una malformazione della carotide. Fu lui a indicare Olindo quale responsabile della mattanza e quel riconoscimento è diventato il punto cardine di tutta l’accusa, insieme a una macchia di sangue con il dna della Cherubini sul battitacco dell’auto dei coniugi e le loro confessioni, poi ritrattate. È sulla testimonianza di Frigerio che si delinea buona parte dell’istanza di revisione del team difensivo di Olindo e Rosa, la memoria di 150 pagine con gli elementi nuovi che hanno convinto la Corte d’Appello di Brescia ad avviare il processo di revisione della condanna per la coppia, in carcere ormai da 17 anni. Nel documento, infatti, è contenuta una perizia di 13 esperti che, sulla base della documentazione medica del sopravvissuto, avrebbero rilevato in Frigerio “un’amnesia enterograda” causata dagli effetti del monossido di carbonio, che avrebbe avuto un peso sulle condizioni cognitive del superteste, tanto da rendere possibile l’insorgenza di una falsa memoria, instillata a seguito dei colloqui con gli inquirenti. Sarebbe questo, dunque, il motivo per cui Frigerio avrebbe prima parlato di un assassino dalla carnagione scura e dopo puntato il dito contro Olindo. Nonostante Frigerio abbia sempre sostenuto di aver detto fin da subito che ad aggredirlo era stato Olindo, a gettare ombre sulle fasi del riconoscimento ci sono i verbali e le intercettazioni ambientali registrate nella sua stanza d’ospedale per circa due settimane. Il 15 dicembre 2006, infatti, con un filo di voce Frigerio aveva fornito un altro identikit ai magistrati: “Era scuro, non era di qua. Era olivastro, capelli corti, tanti capelli corti, di stazza grossa, occhi neri. Era forte come un toro”. E alla domanda se avesse mai visto quella persona, aveva garantito: “No, non l’ho mai vista”. Il giorno dopo aveva addirittura aggiunto a verbale: “L’appartamento dei Castagna era frequentato da extracomunitari di etnia araba”. Per il testimone, pertanto, il suo aggressore era un omone dalla carnagione scura mai visto prima, con i tratti somatici di un arabo, in linea con gli amici del marito tunisino di Raffaella, Azouz Marzouk. Il 2 gennaio 2007, però, quell’uomo sconosciuto prende stranamente le sembianze di Olindo Romano, una persona di carnagione chiara che Mario conosceva. “Quando si è aperta la porta che cosa ha visto”, chiedono gli inquirenti a Frigerio. “Ho visto questa persona. Si chiama Ottolino…”, risponde il sopravvissuto con incertezza. “Un signore che si chiama Olindo Romano?”, precisano i carabinieri. “Bravo, Olindo… ho sbagliato, Olindo”, assicura Frigerio. E allora, che cosa è accaduto nella mente di Mario dal 15 dicembre 2006 al 2 gennaio 2007? Per i difensori dei Romano, la sua memoria è stata manipolata nei colloqui con i carabinieri, soprattutto dalla tecnica investigativa del comandante dei carabinieri di Erba dell’epoca, il maresciallo Luciano Gallorini, che il 20 dicembre era andato da Frigerio, nominando insistentemente Olindo nella lunga chiacchierata, un colloquio, registrato agli atti, che va avanti per circa un’ora e che si contraddistingue per la confusione di Frigerio, il quale si mette addirittura a piangere, avvilito di non riuscire a dare risposte. Nonostante l’insistenza del comandante, Frigerio non aveva potuto fare il nome di Olindo, cosa che farà invece il 26 dicembre, all’indomani di una visita degli inquirenti nella sua stanza d’ospedale. Nessuno conosce il contenuto della conversazione perché, proprio in concomitanza di quella visita, tra le 6.20 e le 7.03 del 25 dicembre, il sistema di intercettazioni ambientali non ha registrato alcun rumore. Mancano pure le intercettazioni del 28 dicembre, quando un neurologo affronta con Mario la ricostruzione della strage. Il 2 gennaio 2007 il giorno fatidico: Frigerio, davanti alle telecamere, certifica che l’assassino è Olindo Romano. Un andamento che, per gli esperti della difesa, sarebbe in linea con la progressione dell’amnesia enterograda, perché gli effetti dell’avvelenamento da monossido di carbonio non si manifestano subito, ma diventano consistenti tra i 10 e i 15 giorni successivi. Poi ci sono la presunta contaminazione della traccia di dna, le contraddizioni nelle confessioni, le confutazioni scientifiche sulla ricostruzione delle uccisioni, soprattutto quella della Cherubini, e impronte sconosciute sul terrazzino, che indicherebbero che i veri assassini sono fuggiti da lì, non visti. Ora spetta ai giudici di Brescia valutare se Olindo e Rosa sono stati condannati ingiustamente. Se così fosse a pagare non saranno i magistrati che sbagliano, ma come sempre Pantalone.


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