Fuori: la ribellione femminile che rende omaggio a Goliarda
VISTO DA - Fuori, il film di Mario Martone unico titolo italiano in selezione ufficiale al Festival di Cannes 2025
A fare da predicativo di ogni nuovo incontro tra Goliarda e Roberta c’è sempre un mezzo di trasporto: la metropolitana, un tram, una macchina rubata, una stazione ferroviaria; qualcosa, in definitiva, che suggerisce l’idea di movimento, l’indomito desiderio di essere altrove, fuori da quella prigione a cielo aperto che è il mondo esterno, anche peggiore delle celle del carcere di Rebibbia. Anche fuori Goliarda Sapienza è prigioniera; prigioniera di un’ossessione per quell’Arte della Gioia che è appendice di sé stessa («Quel romanzo sono io. Ci sono anni di lavoro, tutta la mia vita»), della cui riscoperta e successo tardivi non riuscirà a godere perché, lei lo sapeva, lei lo sentiva, «gli italiani accettano di essere contraddetti solo da un morto. Forse dovrò morire anche io».
Negli Anni Ottanta “L’arte della gioia” era considerato impubblicabile, perché troppo lungo e tradizionale. Ma cosa c’è di “tradizionale” in un racconto che prende le mosse da una violenza sessuale, con al centro una giovane donna che, a dispetto del suo nome, Modesta, vuole prendersi tutto esattamente come un uomo? Una giovane donna che studia, discetta di temi sensibili come l’aborto e non esita ad uccidere – sebbene mai sporcandosi materialmente le mani – per raggiungere i propri obiettivi?
Modesta, per la cui interpretazione nella serie Sky L’arte della Gioia Tecla Insolia ha vinto il David di Donatello 2025 alla Miglior Attrice Protagonista, è figlia dell’anelito di vendetta di Roberta (Matilda De Angelis, prossima trentenne, ha raggiunto da un pezzo “l’adultità” artistica) e della visione dicotomica dell’amore che Goliarda (Valeria Golino prima l’ha osservata dalla cinepresa, ora la indossa) nutre: affetto e carnalità, protezione e passione; due concezioni che ne L’arte della Gioia sono incarnate dai personaggi di Cavallina e Carmine, e di cui in Fuori l’autrice torna a riappropriarsi a tutta voce: «Gli amori femminili mi hanno sempre rovinata, con i maschi è più facile».
Fuori, regia di Mario Martone e unica pellicola italiana nella Selezione Ufficiale del Festival di Cannes, è un film a trazione femminile: ago della bilancia tra Golino e De Angelis, per le sequenze della fuga notturna in macchina il rimando a La Pazza Gioia di Paolo Virzì (2016) è quasi un riflesso condizionato, Elodie nei panni di Barbara. Anche lei, come le due amiche, teme il mondo esterno: la profumeria che gestisce è, perciò, il suo rifugio. Ma ogni rifugio può trasformarsi in una prigione ancora più dura, e spesso chi c’è dentro non se ne accorge: Barbara, così entusiasta del suo progetto, che condividerà con il suo grande amore una volta che questi avrà scontato la sua pena, non dà peso alla vetrina sporca.
Fuori, scritto dallo stesso Martone con Ippolita Di Majo, è anche un film sul corpo delle donne: le due scene di nudo di cui è protagonista Valeria Golino sono l’ennesimo riscatto che, attraverso di sé, l’attrice offre a Goliarda Sapienza, che pare soffrisse l’avanzare dell’età. E se Elodie ha fatto del suo corpo una bandiera, manifesto più politico che poetico, per Matilda De Angelis il battesimo del fuoco in questo senso è avvenuto sul set internazionale della serie “The Undoing – Le Verità Nascoste” (2021) con Hugh Grant e Nicole Kidman: «Il primo giorno lei mi ha detto: “Non siamo qui per giudicarti”. Quando hai qualcuno che è così rispettoso, non sei nemmeno più preoccupata, devi solo lasciarti andare perché la scena sembri reale”».
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