Gramellini, Casini e il futuro della classe politica. Noi confidiamo nello Stellone
I quotidiani “caffè” di Massimo Gramellini sono finissima argenteria, arie di purissima ironia, un balsamo e un afrodisiaco lontanissimi dal sarcasmo che pure è un’arma largamente diffusa nella ordinaria guerra civile che divampa dalle tastiere.
Gramellini estrae dalla cronaca la materia insieme preziosa e vile che affaccia dal mondo e la rielabora in segrete inesplorate curiosità e virtù, fino a renderla motivo di riflessione su costumi e codici di vita civile.
Ne scrivo perché leggo la godibile prosa sui “Casini di domani” che illumina centro e periferie della politica dei nostri giorni. Un paesaggio che si rivela drammaticamente impari rispetto a grandezze e valori di stagioni e generazioni iscritte in inarrivabili mitologie. Gramellini evoca: se nella “prima repubblica” si fronteggiavano le sciabole, oggi si fronteggiano i foderi. Un lampo di senso comune che racconta il lento inesorabile declino della specie. La raffigurazione di un abbassamento di qualità e di stili che nessuna nostalgia potrebbe mai restituirci. Gramellini perciò, piuttosto che concedersi al realismo tragico della assuefazione, esorcizza e rifiuta i fantasmi del nostro “reality” quotidiano, ne segnala modestia arroganze e paradossi nella convinzione che al peggio non c’è mai fine. Sicché i Casini di oggi gli paiono incomparabilmente migliori di quelli di domani. Che già si affacciano come nuove irresistibili icone, minacciose, comiche maschere del potere.
Ci chiediamo.. Meglio tenerci un Casini che veglia sul crinale della Italietta che sfanga il lunario o assumere il coraggio della sconnessa? Gramellini non lo dice. In ogni caso ci pare intenda tenersi comunque lontano dai Casini di ogni generazione. E noi invece? Noi confideremmo nello Stellone. C’è più futuri nel passato (ma di ori veri) che non nel presente delle criptovalute.
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