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I “nuovi schiavi” del caporalato nella moda: inchiesta su 13 marchi

La svolta delle indagini che la Procura di Milano sta svolgendo da anni sulle filiere dello sfruttamento

di Angelo Vitale -

Il Palazzo di giustizia a Milano


Da Versace a Gucci, da Prada a Dolce&Gabbana, salgono a 13 i brand della moda di lusso coinvolti a vario titolo nell’ inchiesta della Procura di Milano sul caporalato lungo le filiere del made in Italy, come racconta Il Sole 24 Ore. I marchi coinvolti sono Dolce & Gabbana, Prada, Versace, Gucci, Missoni, Ferragamo, Yves Saint Laurent, Givenchy, Pinko, Coccinelle, Adidas, Alexander McQueen Italia e Off-White Operating. La Procura di Milano ha avviato accertamenti sugli appalti che violano le leggi sul lavoro e la sicurezza.

Inchiesta caporalato nel lusso: 13 brand nel mirino

La Procura di Milano guida un’indagine sul caporalato che interessa tredici marchi della moda italiana e internazionale, tra cui Dolce & Gabbana, Prada, Versace, Gucci e Missoni. Gli ordini di consegna documenti, notificati mercoledì dal pm Paolo Storari e dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro, riguardano aziende committenti di produzioni affidate ad appaltatori e subappaltatori che violano le norme sul lavoro.

Vengono indicati i fornitori critici e i dettagli sui lavoratori trovati in condizioni di sfruttamento presso opifici clandestini, con articoli sequestrati pronti a essere immessi sul mercato.

Richieste di documentazione e misure volontarie di prevenzione

Le case di moda sono chiamate a consegnare volontariamente i loro modelli organizzativi di prevenzione e gli audit interni o commissionati. Questi strumenti, sulla carta, dovrebbero evitare interdittive e altre sanzioni. La Procura esercita una “formula light” che consente alle aziende di intervenire sulle catene di appalto evitando per ora misure più gravose come l’amministrazione giudiziaria.

Le polemiche di Tod’s e la linea della Procura di Milano

L’approccio morbido arriva dopo le polemiche di Tod’s e Diego Della Valle, dopo le indagini per presunta consapevolezza dello sfruttamento sulle linee di produzione degli appaltatori. La disponibilità a collaborare con la giustizia è stata dichiarata proprio ieri, ma la Procura potrebbe chiedere commissariamento o interdittive se non viene modificata l’organizzazione del lavoro.

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I precedenti casi e l’aggravamento del quadro di indagini

Dal marzo 2024 il Tribunale di Milano ha già disposto amministrazioni giudiziarie per Alviero Martini, Armani Operation, Manufacture Dior, Valentino Bags Lab e Loro Piana, coinvolte per aver favorito colposamente lo sfruttamento. Il caso Tod’s ha aggravato la situazione, con accuse di consapevolezza e gestione illegale degli appalti.

Condizioni di lavoro e testimonianze dai laboratori abusivi

Le indagini evidenziano condizioni di lavoro estreme in laboratori-dormitorio abusivi a gestione cinese, con violazioni di igiene, sicurezza, retribuzioni e orari. Un lavoratore ha confermato che i prodotti assemblati riguardano anche marchi di fama mondiale come Zara, Diesel, Hugo Boss, Trussardi, Tommy Hilfiger, oltre ai brand già sotto indagine.

Sistemi di subappalto e ricarichi esorbitanti

L’ultimo sequestro in Toscana ha trovato fino a sette livelli di subappalto con merci di marchi noti come Madbag, Zegna, Saint Laurent e Prada. Il sistema si basa sulla compressione estrema di costi e diritti, con prodotti venduti a prezzi al dettaglio fino al 10.000% superiori al costo di produzione.

“Politica giudiziaria”: le responsabilità dell’intera filiera

La Procura punta a riavvolgere il filo della responsabilità fino alla committenza finale, una svolta definita “politica giudiziaria” dal pm Paolo Storari. Non più solo controlli sui fornitori, ma un controllo totale che coinvolge la filiera, dalla clandestinità ai negozi di lusso.


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