Intervista a Marco Rizzo Candidato governatore del Veneto per Democrazia Sovrana e Popolare
In vista delle elezioni regionali in Veneto, abbiamo intervistato Marco Rizzo, candidato governatore per Democrazia Sovrana e Popolare. Al centro del suo programma ci sono sovranità, lavoro stabile, sanità pubblica e partecipazione popolare. Con lui abbiamo parlato delle sue priorità per il Veneto, delle misure economiche per le piccole imprese e del rapporto tra autonomia regionale e sovranità nazionale.
Intervista a Marco Rizzo Candidato governatore del Veneto per Democrazia Sovrana e Popolare
D. Visione generale – Qual è la sua priorità principale per il Veneto se dovesse essere eletto governatore e in cosa si differenzia il suo programma da quello degli altri candidati?
R: «La caratteristica che abbiamo, rispetto a qualunque altra formazione politica, è l’attenzione verso chi non va più a votare.
Oggi la sfiducia nella politica nasce dal fatto che troppi, in campagna elettorale, promettono una cosa e poi, una volta eletti — sia al governo nazionale, regionale o nelle istituzioni — fanno esattamente il contrario.
Il nostro slogan, come Democrazia Sovrana Popolare, insieme a Marco Rizzo, è: “Faremo quello che diciamo.”
Noi abbiamo introdotto il vincolo di mandato. L’abbiamo fatto firmare a tutti i candidati della lista, me compreso come candidato presidente. Chi non rispetta il programma, chi non mantiene le promesse fatte agli elettori, viene espulso. È una certezza.
Ed è una vera novità: nessun altro partito oggi ha questo vincolo.
La seconda questione è la sovranità. Se non c’è sovranità nel Paese, non può esserci vera autonomia nemmeno in una regione importante come il Veneto. E l’autonomia, purtroppo, in questa regione è stata disattesa.»
D. Economia e lavoro – Il Veneto è una delle regioni più produttive d’Italia, ma anche tra le più colpite da precarietà e delocalizzazioni. Quali misure propone per tutelare il lavoro stabile e sostenere le piccole imprese?
R: «La crisi del Veneto è la crisi dell’Italia.
Il Veneto è un paradigma perché la piccola e media impresa, l’agricoltura, i commercianti e gli artigiani hanno fatto del lavoro una particolare cifra di questa terra.
Purtroppo, così come l’Italia, ci sono troppi nemici che colpiscono il Veneto, a partire dall’Unione Europea, ma soprattutto le multinazionali e la grande finanza che arrivano, prendono i marchi, se li appropriano, ottengono finanziamenti, poi delocalizzano e licenziano.
C’è bisogno di una grande attenzione della finanza verso il lavoro delle piccole e medie imprese, sia nel settore industriale, agricolo o del terziario.
Per fare questo, si devono prendere i soldi da dove ci sono: le banche, dal 2021 al 2025, hanno avuto 167 miliardi di profitti in più.
Il governo propone un anticipo di tassazione di 3-5 miliardi, che è un topolino rispetto a questa montagna. Noi crediamo che le banche debbano contribuire allo sviluppo del nostro Paese, dopo aver fatto profitti così alti.»
D. Autonomia, sovranità e lavoro – Lei e il suo movimento parlate spesso di sovranità popolare, e la sua storia politica è sempre stata caratterizzata da una forte vicinanza ai lavoratori. Come si coniugano questi due aspetti nel suo programma per il Veneto?
R: «Come dicevamo prima, la sovranità è condizione essenziale per avere anche l’autonomia, e il tema del lavoro è parte integrante dell’autonomia della Regione.
Noi proponiamo una detassazione del lavoro e un piano di manutenzione straordinaria del territorio, perché quando ci sono eventi atmosferici questi si trasformano in alluvioni, causando danni all’ambiente, alle cose e alle persone.
C’è quindi la necessità di un grande piano di manutenzione del territorio collegato all’agricoltura. Gli agricoltori che parteciperanno a questo piano non dovranno più pagare l’IMU sui terreni agricoli.
Ci sarà una forte attenzione anche alla detassazione per la piccola e media impresa.
Per realizzare tutto questo, ripeto, ci sono i soldi delle banche, ci sono i fondi derivanti dall’energia e dai grandi accumuli di capitale.
Noi dobbiamo unire il ceto medio alla classe lavoratrice: tutto il popolo insieme, che rappresenta il 95% della popolazione.
In aggiunta, proponiamo l’assunzione completamente detassata di tutti i giovani nati in Veneto: una misura che rappresenta non solo un incremento dell’occupazione, ma anche un’attenzione concreta alle nuove generazioni autoctone.»
D. Sanità e servizi pubblici – La sanità veneta è spesso citata come modello, ma negli ultimi anni sono emerse criticità, soprattutto nelle liste d’attesa e nei servizi territoriali. Quali sono le sue proposte per garantire un sistema sanitario davvero pubblico e accessibile a tutti?
R: «La sanità rappresenta la maggiore spesa in tutte le regioni italiane, circa l’80%. In sostanza, le regioni vivono per gestire la sanità, ma ultimamente non è stata gestita bene.
In Italia ci sono 350 miliardi destinati alla sanità pubblica, mentre la sanità privata è arrivata a 50 miliardi.
Nel mezzo ci sono 4 milioni di italiani che non si curano più, e tra questi anche 350 mila veneti, che, di fronte ai ritardi e all’inefficienza della sanità pubblica e alla mancanza di risorse per accedere alla sanità privata, scelgono una strada drammatica: quella di non curarsi affatto.
Noi vogliamo una sanità di prossimità, radicata nel territorio, e proponiamo anche di detassare gli stipendi di medici, infermieri e personale sanitario, per dare un vero impulso allo sviluppo della sanità pubblica.
Serve una sanità di territorio e di prossimità perché non puoi aspettare 90 chilometri se hai un infarto: arrivi e sei morto.
Quindi la sanità deve essere vicina, sul territorio, mentre i grandi ospedali possono essere dedicati alla specialistica, ma le urgenze vanno trattate immediatamente sul territorio.»
D. Politica e partecipazione – Molti cittadini mostrano disaffezione verso la politica. Come pensa di ricostruire un rapporto diretto tra istituzioni e cittadini, e quale ruolo attribuisce ai movimenti popolari nel governo regionale?
R: «Abbiamo spiegato che il tema del vincolo di mandato è ciò che farà riavvicinare il popolo alla politica.
Uno deve fare quello che ha detto, e noi faremo quello che diciamo.
Lo facciamo in un intenso rapporto democratico tra istituzioni e cittadini, perché siamo convinti che la politica debba governare l’economia, la finanza, le banche e le multinazionali, e non il contrario.
Altrimenti ci sentiremo sempre dire che c’è qualcuno a Bruxelles, a Strasburgo, a Francoforte o a Washington che decide per l’Italia.
Il Veneto e l’Italia intera devono sapere che il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea, l’Unione Europea e la Nato non possono decidere il nostro destino, perché sono a noi stranieri.
Stranieri come l’Unione Europea, che vuole farci fare la guerra alla Russia, vuole distruggere l’economia, vuole far passare l’idea che il vino provochi il cancro, e tante altre stupidaggini che andrebbero rimandate al mittente, a partire dai soldi spesi per i carri armati e per la guerra, risorse che invece andrebbero indirizzate verso la sanità pubblica, le pensioni, la ricerca e le nuove generazioni.»
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