Politica

La base in subbuglio col segretario Salvini “Così si va a sbattere”

di Ivano Tolettini -


Il centrodestra vince in Abruzzo dopo la debacle per un pugno di voti in Sardegna, anche se la colazione aveva primeggiato su quella di centrosinistra, ed ancora una volta a soffrire è la linea politica della Lega, in particolare di Salvini, che accusa un altro passo falso ed esce ridimensionata dalle urne rispetto a cinque anni fa. Diventata ormai un’era geologica. Una sconfitta che brucia, perché 20 punti in meno rispetto al voto del 2019 sono un risultato disastroso che parla da solo e che interroga lo stato maggiore di quello che un tempo era l’orgoglioso Partito del Nord. Ancora una volta si conferma il travaso di voti verso Fratelli d’Italia, contenitore politico che ha ormai scalato il Carroccio dall’autunno 2022 grazie al realismo pragmatico di Giorgia Meloni. Stavolta sorride anche Forza Italia, diventata la seconda forza per distacco. La politica moderata di Antonio Tajani comincia a portare frutto dato che FI quasi doppia la Lega di lotta che pare non incontrare più il favore di vari strati sociali, che pur rimanendo nell’alveo del centrodestra si rivolgono ai competitor del leader leghista. Così se Matteo Salvini plaude alla “bella vittoria del centrodestra in Abruzzo” riuscendo a vedere, non si sa come vista l’evidenza dei numeri, “un buon risultato per la Lega che supera i 5Stelle e la sinistra malamente sconfitta”, il fronte interno, soprattutto veneto che vorrebbe Zaia alla guida del partito perché sarebbe in grado di essere un’alternativa alla stessa Meloni, vorrebbe presentargli il conto. Tanto più che “gli errori” del Capitano sono di palmare evidenza agli occhi di quella base che è passata armi e bagagli alla presidente del Consiglio, Claudia Meloni, visto che cinque anni fa la Lega totalizzava in Abruzzo addirittura il 27,5%, ed aveva di gran lunga lòa gold share della coalizione, mentre adesso è il fanalino di coda attestandosi al 7.6%. E i timori in via Bellerio a Milano, dove c’è la storica sede dei leghisti, crescono in vista delle Europee perché non si vedono i segni dell’inversione di tendenza. Il raffronto a giugno col risultato di cinque anni fa rischia di costare caro a Salvini che deve fronteggiare una base sempre più disorientata che da tempo reclama una svolta perché con le attuali parole d’ordine si va a sbattere. Come gli elettori da tempo stanno segnalando con il loro voto.
[/CAP-5-SETT][IDE-TESTO][IDE-TITOLET]“SALVINI, UN PASSO DI LATO”
[/IDE-TITOLET][IDE-TESTO]Del resto, rimbombano ancora le parole dell’europarlamentare leghista, il trevigiano Gianantonio Da Re, il quale è stato espulso la scorsa settimana dal partito per avere affibbiato un epiteto al segretario. “Ci sarebbero tante opportunità – spiega il deputato a Bruxelles – ma io ho spiegato chiaramente che non uscirò dalla Liga Veneta-Lega Nord, perché questo è il mio partito. Loro mi hanno buttato fuori dalla Lega Salvini Premier, anzi vicepremier. Io voglio rifondare la vera Lega, la Lega Nord, che non c’entra con la Lega di Salvini. E vorrei come nostro leader Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli”. A pensarla come lui sono in tanti nel profondo Nord e tanti sono convinti che il giorno del redde rationem comincerà lunedì 10 giugno quando ci sarà lo spoglio. Se tutti riconoscono a Salvini di avere salvato la Lega quando nel 2013 la prese al 4%, gli stessi puntano il dito contro di lui per averla snaturata traghettandola verso una destra estrema che non è nelle corde di quell’elettorato moderato da sempre bacino della Liga-Lega. Salvini deve far buon viso a cattivo gioco, a differenza dell’assessore regionale all’industria del Veneto, Roberto Marcato, che dal 22 settembre 2022 veste i panni del compianto Gino Bartali col mantra “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”, per sottolineare la perdita di identità dei valori leghisti. E se l’ex deputato ed ex segretario della Lega Lombarda, Paolo Grimoldi, temendo il tracollo alle Europee ripete che a “Salvini va dato merito per il lavoro svolto, ma è necessario che adesso faccia un passo di lato per il bene del movimento, concentrandosi sulle responsabilità di governo”, il Capitano non ha alcuna intenzione di farsi da parti ed è convinto di potere risalire la corrente per dimostrare che la sua leadership non è appannata, anzi è convinto di riuscire a traghettarla di nuovo verso un futuro radioso. Per Grimoldi la questione è lampante: “I problemi della Lega sono su due binari. Il primo è politico, perché manca un progetto che sappia di nuovo galvanizzare la base, da Milano a Venezia, da Torino a Trieste. Il nostro classico zoccolo duro. L’altro è di gestione interna: i vertici non coinvolgono più i territori”.


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