Le autorità australiane hanno confermato la matrice jihadista dell’attacco di domenica durante la cerimonia per la festa ebraica di Hannukah a Bondi Beach, nel quale sono rimaste uccise 15 persone. Altre 24 sono ancora ricoverate negli ospedali di Sydney. Secondo il premier australiano Anthony Albanese, “sembrerebbe” che Sajid e Naveed Akram, padre e figlio che hanno aperto il fuoco sulla spiaggia, “fossero motivati dall’ideologia dello Stato islamico”. Come in diversi altri casi in cui gli uomini vicini all’Isis si sono trasformati in macchine da guerra, sono emerse forti lacune nei dispositivi di sicurezza e prevenzione. Il loro è stato “un attacco calcolato, meticoloso e a sangue freddo”, ha aggiunto Albanese in un’intervista all’emittente Abc.
Gli spostamenti degli autori del massacro di Bondi Beach
Naveed si è risvegliato dal coma. L’emittente australiana 7News ha precisato che è cosciente nella struttura ospedaliera dove è stato ricoverato in gravi condizioni. Sajid, invece, è rimasto ucciso. Gli inquirenti dell’anti-terrorismo australiano avranno ora la possibilità di interrogarlo. In base al “Terrorism Act”, la polizia ha fino a 14 giorni dall’arresto per istruire il caso ed arrivare all’incriminazione formale.
L’affiliazione all’Isis
“L’auto registrata a nome del figlio – ha detto il commissario di polizia del Nuovo Galles del Sud, Mal Lanyon – conteneva due bandiere artigianali dello Stato Islamico. Continuiamo a lavorare per determinare il motivo di questa tragedia e continueremo a farlo”. Gli Akram erano stati nelle Filippine dal primo al 28 novembre. Sajid, 50 anni, si era messo in viaggio con un passaporto indiano, ha spiegato la portavoce dell’Ufficio immigrazione, Dana Sandoval. Naveed, 24 anni, aveva utilizzato un passaporto australiano. Sarebbero stati a Davao e “teoricamente nelle aree limitrofe”, per poi rientrare in Australia con un volo per Sydney.
Le Filippine e le nuove sembianze di Daesh
Il National Bureau of Investigation (Nbi) delle Filippine sta lavorando in coordinamento con altre agenzie del governo di Manila per ricostruire “le attività” dei due. Il ministro degli Esteri australiano, Penny Wong, ha sentito la collega filippina, Tess Lazaro. “Sono grata a Lazaro per le condoglianze a nome delle Filippine dopo l’attacco terroristico antisemita – ha affermato Wong nelle dichiarazioni rilanciate dal Guardian – Australia e Filippine sono partner strategici con una lunga storia di cooperazione nei settori della difesa, dell’istruzione e della sicurezza nella regione”.
Daesh avrebbe cambiato forma, passando dalla sua manifestazione statuale tra la Siria e l’Iraq, a piccoli nuclei attivi nell’Africa Subsahariana, in alcune parti del territorio siriano e in aree del Medio Oriente. Meno geo-localizzabili sarebbero i “cani sciolti”, assoldati anche attraverso le piattaforme social. Il sedicente Califfato, territorialmente definito, si è trasformato in una rete globale molto frammentata, ma comunque in grado di colpire.
Le Filippine non rappresentano una meta casuale, se si considera che sono da anni uno dei teatri più sensibili del jihadismo in Asia. Nel sud dell’arcipelago, tra Mindanao e l’area di Sulu, gruppi come Abu Sayyaf e Maute sono affiliati allo Stato islamico già da anni. Nel 2023, militanti islamici hanno fatto esplodere una bomba durante una messa cattolica all’Università di Mindanao a Marawi, uccidendo quattro persone e ferendone decine.
La strategia dei piccoli gruppi
Dopo la destrutturazione dovuta alla perdita di alcuni appoggi “esterni”, l’organizzazione ha puntato sulle micro-cellule decentrate. Emblematico in tal senso è il caso del Sahel. Tra Mali, Niger e Burkina Faso, l’articolazione africana dell’Is ha approfittato del collasso delle istituzioni statali, delle tensioni etniche e del ritiro progressivo dei Paesi occidentali per radicarsi sul territorio.
Secondo gli analisti, il Sahel è diventato il laboratorio della nuova strategia: conflitti locali convertiti in guerra ideologica globale, violenza come strumento di governo e cooperazione tattica con gruppi legati ad Al-Qaeda.
In Nigeria e nel bacino del Lago Ciad opera l’Is-Africa occidentale, erede di una scissione di Boko Haram, mentre in Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, il gruppo ha assunto sembianze simili a una forza militare. In Europa e nelle Americhe, al contrario, il bacino di pesca sarebbe costituito da persone emarginate o non integrate sensibili alla propaganda.