Primo Piano

La vera ambizione dello zar e il reale pericolo per l’Europa

di Claudio Capotosti -

VLADIMIR PUTIN


È passato ormai un anno da quando la Russia ha aggredito l’Ucraina e al momento non è in vista alcuna soluzione negoziale del conflitto. Molti, nel nostro paese e in Europa, affermano che sia giusto aiutare l’Ucraina in tutti i modi, ma che la priorità non consista nell’invio di altre armi quanto, piuttosto, nel promuovere una vera mobilitazione per la pace, così da porre fine a un conflitto che rischia di degenerare in uno scontro aperto tra grandi potenze. Continuare la guerra ponendosi l’obiettivo di una vittoria ucraina e della riconquista di tutto il territorio occupato dalla Russia significherebbe protrarre un inutile spargimento di sangue. Questi appelli sono naturalmente del tutto comprensibili, in considerazione delle spaventose immagini di sofferenza e distruzione che ci giungono quotidianamente dall’Ucraina. E tuttavia, non sarebbe né corretto né opportuno, in questo momento, esortare l’Ucraina a negoziare – o addirittura a rinunciare a parti del suo territorio e a determinare autonomamente il proprio destino. Sicuramente, nessuno vuole che le armi tacciano più degli stessi ucraini. Sono loro a essere le vittime di questa guerra. Sono i loro ospedali, asili e scuole che sono vengono distrutti dai missili russi e dagli attacchi dei droni. Ma hanno anche ben chiaro che Vladimir Putin non è interessato a trovare un modo per convivere, in futuro, con un’Ucraina sovrana e indipendente e in grado di decidere del proprio futuro. A suo giudizio, l’Ucraina di oggi non è altro che una “colonia americana con un regime fantoccio”. Per Putin, “Russi e Ucraini sono un solo popolo”. Un’Ucraina indipendente dalla Russia e che voglia aprirsi all’Europa sulla falsariga dei suoi vicini dell’Europa centrale è inaccettabile perché mette in discussione le fondamenta stesse dell’impero russo, che Putin è determinato a tenere in piedi con ogni mezzo. La tesi mille volte ripetuta, secondo la quale Putin ha semplicemente reagito all’“espansionismo” della Nato, è a dir poco fuorviante. In realtà, Mosca vuole che l’Ucraina rinunci a molto di più: alla sua libertà, alla sua identità, alla sua autodeterminazione, alla sua cultura. Putin conta sul fatto che gli Stati schierati a sostegno dell’Ucraina saranno prima o poi costretti a cedere davanti a una guerra di cui non si intravede la fine e a chiudere il rubinetto delle forniture di armi a Kiev. Ma se l’Occidente dovesse premere, in questo momento, per imporre al governo ucraino un cessate il fuoco o negoziati di pace, magari agitando la minaccia di porre fine al sostegno militare e politico all’Ucraina, ciò significherebbe, agli occhi del Cremlino, che la sua strategia sta funzionando e che tutto ciò che deve fare è guadagnare tempo. Finora, però, nessuno tra i molti che propugnano un imminente cessate il fuoco è stato in grado di spiegare in modo convincente in che modo Putin possa essere persuaso a fare concessioni senza esercitare ulteriori pressioni militari su di lui. La Russia deve prima essere fermata e respinta militarmente se si vuole che la diplomazia possa finalmente scendere in campo. L’interesse fondamentale dell’Occidente è che Putin non tragga alcun guadagno dalla sua guerra di aggressione. Le sue ambizioni rappresentano un pericolo per l’intera Europa. Se la forza e il ricatto nucleare avessero successo nel sottomettere al suo controllo altre porzioni di altri Stati, ciò equivarrebbe a infliggere un colpo mortale al già fragile equilibrio internazionale. La decisione dei paesi occidentali di fornire all’Ucraina anche mezzi corazzati e veicoli da ricognizione è quindi del tutto coerente con gli impegni già presi.

Forse un vero rimescolamento delle carte si potrà verificare se le democrazie occidentali continueranno a restare saldamente al fianco dell’Ucraina e se una nuova offensiva russa si rivelerà infruttuosa. L’obiettivo dell’Occidente deve quindi essere quello di prepararsi insieme a Kiev per il momento in cui si aprirà davvero la finestra per la diplomazia.


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