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Economia

Anche il M5s scarica Landini sulla patrimoniale

Patuanelli dice di "non essere d'accordo", la Uil scende in piazza da sola (e non di venerdì)

di Giovanni Vasso -


Pure il M5s scarica Landini sulla patrimoniale. Ma andiamo con ordine. Saranno quattrocento, e non di più, gli emendamenti segnalati in manovra. Solo 400 proposte da discutere in Commissione Bilancio. Ma ieri è stato il gran giorno dei sindacati. Con la Uil che ha espresso tutte le sue riserve a proposito della manovra, indicendo per sabato (e non venerdì come hanno fatto altri) una manifestazione nazionale (e non uno sciopero generale come hanno fatto altri) sancendo di fatto un allontanamento dalla Cgil. Che, però, incassa la “comprensione” dei massimalisti Usb che avrebbero sognato un altro sciopero generale unitario insieme a Landini e ai suoi (sempre meno) tesserati, un po’ come accaduto per Gaza e la Flotilla. Hanno avuto di che consolarsi, all’Usb, con l’endorsement di Roger Waters. In fondo si scende in piazza, di nuovo, sempre per la Palestina.

Il gran protagonista del dibattito, almeno a sinistra, rimane però sempre l’ex segretario della Fiom. Che rilancia, con forza, sulla patrimoniale. Una mossa tutta politica. Col rischio, nemmeno troppo calcolato, di restare solo. Persino il M5s ha scaricato, pubblicamente, Landini e la sua proposta sulla patrimoniale. E lo ha fatto in diretta radiofonica, dove Stefano Patuanelli, capogruppo pentastellato al Senato ha detto che mentre “Meloni non ha fatto nulla di quanto ha promesso, Landini chiede la patrimoniale: una delle poche volte in cui non sono d’accordo con lui”. E difatti, i 5 Stelle ora vanno all’offensiva sulle imprese. E parlano di “martirio dell’imprenditore” a causa della fine di Transizione 5.0 e chiedono al governo di fare di più per tutelare il tessuto economico e produttivo del Paese. Un’altra giravolta, in fondo, rispetto all’anima originaria del Movimento. Ma, ieri sera, le parole di Meloni che ha inchiodato i Cinque Stelle alle proprie responsabilità sul tema del Superbonus hanno colpito evidentemente nel segno. Così come hanno colpito quelle pronunciare sullo sciopero generale della Cgil: “Non sia mai che la rivoluzione si faccia di martedì…”.

 A sostenere Landini sul fronte patrimoniale, sfumato pure il M5s, resta solo il Partito democratico. E nemmeno troppo convintamente. La segreteria Schlein è agli sgoccioli, il Pd s’è consegnato a una sostanziale irrilevanza e pertanto preferisce, almeno pubblicamente, mantenere una parvenza di unità su un tema di sicuro richiamo per i suoi aficionados di sinistra. Intanto i riformisti più o meno tacciono, pensando a come, e soprattutto a quando, lanciare l’offensiva finale per riconquistare il Nazareno. Landini, però, va avanti come un treno. E, copiando la strategia del governo sulle banche, col Mef che ha cambiato il termine “tassa” con altri più rassicuranti per i mercati, ha detto: “Vista la situazione gravissima in cui siamo, proponiamo di introdurre un contributo di solidarietà: stiamo chiedendo la possibilità di una tassazione dell’1,3% che riguarderebbe 500mila cittadini con una ricchezza netta superiore a 2 milioni di euro”. Gli stessi che, nella giornata di ieri, contrapponeva alle altre “40 milioni di persone oneste”. Come se essere ricchi, di per sé, in questo Paese sia una colpa. Del resto, l’Italia è pur sempre quella nazione in cui, da giorni, impazza un dibattito a dir poco lunare ossia se chi guadagna 2.500 euro al mese sia da annoverare tra i nababbi (in uno Stato in cui un cittadino su due dichiara reddito zero o poco più…) o se non lo sia. Il problema dei “nuovi” kulaki. Che son pur sempre “nemici del popolo”.


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