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L’assoluzione di Berlusconi Coppi: “Nordio fai presto. La giustizia così non va”

di Rita Cavallaro -


“Gli undici anni di calvario non sono una caratteristica solo di questo processo a Silvio Berlusconi. Purtroppo uno dei veri problemi della giustizia sono proprio i tempi della giustizia. E capisco che in molti rimangano sconcertati all’idea che dopo undici anni ancora si continui. Io e un altro collega eravamo stati i primi a sollevare la questione della norma per la quale non si faceva appello alle sentenze di assoluzione, ma la Corte Costituzionale l’ha dichiarata illegittima. La legge prevede questa dialettica tra accusa e difesa e quindi se i pubblici ministeri, lette le motivazioni, riterranno di fare appello, questa è una cosa che rientra nella logica del processo penale fondato su tre gradi di giudizio”. A parlare è il professor Franco Coppi, uno dei penalisti più famosi d’Italia nonché avvocato del leader di Forza Italia in tutti i procedimenti penali del caso Ruby, il cui ultimo capitolo si è consumato mercoledì scorso, quando il Cavaliere è stato assolto dall’accusa di corruzione in atti giudiziari nel Ruby ter, perché il fatto non sussiste.

Professor Coppi, undici anni per l’assoluzione di Berlusconi, ma anche l’anomalia di un accanimento giudiziario che, dal ’94 a oggi, ha visto Silvio imputato in 136 processi, con 135 assoluzioni e una solo condanna, sulla quale comunque rimangono ombre. Lei che ha difeso il Cavaliere e ha vissuto in prima persona quel clima di partito della toghe, cosa pensa?
Con quasi 6o anni di professione alle spalle io non mi meraviglio di certe cose. Berlusconi è stato assolto in punto di diritto. La legge va applicata e per poter affermare l’esistenza di un reato è necessario che in punto di fatto ci siano tutti gli elementi previsti dalla legge per quel determinato reato. Se gli elementi non ci sono, l’imputato deve essere assolto. Nel nostro caso, per farle un esempio, è come se io pretendessi di condannare una persona per omicidio perché ha sparato su un cadavere, su uno già morto. L’omicidio presuppone che la persona prima vivesse e poi venga ammazzata, ma se è già morta non si può parlare di omicidio. Quindi è un meccanismo di verifica dell’essenza degli elementi del reato. Per questi reati contestati a Berlusconi era necessaria la qualità del pubblico ufficiale, il pubblico ufficiale non c’era e il giudice correttamente ha escluso il reato.

 

Tra l’altro con la formula del fatto non sussiste, quindi non è mai avvenuto…
Perché mancando uno degli elementi essenziali del reato, la formula corretta è proprio il fatto non sussiste.

 

Il caso Berlusconi fa scuola. Potrebbe portare a una vera riforma della giustizia?
Non è soltanto il caso Berlusconi che dovrebbe portare a questo risultato. Se uno pensa a cosa significa per una persona essere sottoposta a dieci, quindici anni di procedimento penale, il primo problema sarebbe quello di riuscire ad introdurre tempi ragionevoli. Lo diceva già Cesare Beccaria, la pena deve essere certa e immediata, non può trascorrere un secolo dalla consumazione del fatto al momento in cui poi viene applicata la sanzione e viene espiata la pena.

 

La riforma Cartabia, e anche il lavoro del Guardasigilli Carlo Nordio, puntano a snellire i processi. Ma nella realtà siamo ancora lontani da quel risultato?
E infatti la riforma Cartabia penalizzerà soprattutto gli avvocati, che avranno la vita ancora più difficile per poter accedere all’appello e alla Cassazione. Sono delle riforme sulle quali ci sarebbe molto da discutere. Allo stato attuale purtroppo i tempi dei processi sono questi, quindi capisco la meraviglia ma non c’è ormai un processo che si riesca a concludere in tempi ragionevoli.

 

Poi ci sono certi processi, soprattutto quelli mediatici, che vanno spediti e ne sa qualcosa. Parliamo del caso Avetrana, visto che ha difeso Sabrina Misseri, la cui condanna è stato un duro colpo per lei.
È il più grande cruccio della mia vita non essere riuscito a dimostrare l’innocenza di quella ragazza e della madre. Innocenza nella quale credo in maniera assoluta. E per me non essere riuscito ad aiutarle, sapere che stanno in carcere da oltre dodici anni, ormai con una condanna all’ergastolo, è il più grande dolore della mia vita professionale. Non riesco a passare un giorno senza che la mia mente vada a questa tragedia che stanno vivendo queste due donne. E questo lo considero veramente un cruccio. L’idea di morire senza essere riuscito ad aiutarle mi fa impazzire.

 

Lei però non si è arreso e confida nella Corte Europea del Diritti dell’Uomo. Strasburgo, che nella quasi totalità dei casi rigetta le istanze, ha ritenuto ammissibile il suo ricorso già diversi anni fa. La pronuncia è prevista a breve?
Anche lì i tempi sono lunghissimi ma la pronuncia della Corte, anche se dovesse essere a favore di Sabrina e Cosima, non ha un effetto immediato. Poi in Italia toccherà ricominciare con la revisione del processo, non è che Strasburgo le può assolvere e scarcerare. In quel processo sono state presentate prove circostanziali e molte di queste prove sono state raccolte fuori dal contraddittorio, per cui ci sarebbero motivi fondati per censurare quella condotta.

 

Professor Coppi, in conclusione, da massimo esperto di diritto qual è, si sentirebbe di dare un consiglio al ministro Nordio sulla strada da percorrere per arrivare a una riforma della giustizia seria?
No, Nordio è un magistrato di grande esperienza e non ha bisogno certamente dei miei consigli. Sa benissimo quello che deve fare, c’è solo da aspettare che proponga delle linee di riforma. Speriamo lo riesca a fare rapidamente.


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