Attualità

LIBERALMENTE CORRETTO – Elogio del pudore

di Michele Gelardi -


LIBERALMENTE CORRETTO – Elogio del pudore

Coloro che un tempo volevano socializzare solo i mezzi di produzione, oggi vogliono socializzare anche l’anima. Codesti socialisti dell’anima sono insorti contro il ministro Abodi, reo di aver dichiarato di preferire contegni riservati, piuttosto che ostentati, in materia di inclinazioni sessuali. Queste le sue parole, a commento del coming out del calciatore Jakub Jankto, di ritorno in Italia: ”se devo essere sincero non amo, in generale, le ostentazioni, ma le scelte individuali vanno rispettate per come vengono prese e per quelle che sono”. La querelle politica che ne è sortita ha un aspetto ben visibile, riguardante la manifestazione del pensiero, e uno meno evidente e più profondo, riguardante la delimitazione delle due sfere di relazioni umane, privata e pubblica.
In primo luogo, si deve sottolineare che il ministro non ha commesso alcun “peccato”, e meno che mai reato, di omofobia, avendo dichiarato, non già di disapprovare la scelta omosessuale, bensì di preferire la “non-ostentazione” della scelta. Il che, a ben vedere, nemmeno significa condannare o disapprovare l’ostentazione, bensì semplicemente indicare una scala di preferenze tra opzioni legittime. Chissà poi perché è stata posta al ministro una domanda su una vicenda privata. Probabilmente, nella mente del giornalista, privato e pubblico si sovrappongono. C’era da sperare comunque in qualche parola di troppo, in mancanza della quale, sarebbe bastato qualche “ricamo” tendenzioso. La polemica pretestuosa, innescata da una domanda non pertinente, somiglia molto da vicino alla censura del Minculpop, le cui nuove sembianze sono vestite di “politicamente corretto”; anzi, per certi versi, la sopravanza. L’apparato di sostegno culturale del pensiero unico insorge, non solo contro il dissenso esplicito, ma perfino contro quello implicito e presunto, nascosto nei recessi dell’anima. Il ministro Abodi è incorso negli strali del nuovo Minculpop per il semplice fatto di non aver mostrato entusiasmo per il coming out del sig. Jankto; il che fa pensare che non sia nemmeno entusiasta del pride omosex; egli non è dunque un omofobo per verbum, ma lo è nell’intimità della coscienza; la sua non è un’omofobia di lingua, bensì di anima. Ciò comunque è più che sufficiente, affinché i solerti controllori della morale pubblica, del pensiero corretto e, in ultima analisi, dell’anima individuale, possano imbastire un processo mediatico di censura.
Ma veniamo infine alla preferenza di riservatezza. Bisogna chiedersi se la parola privacy abbia ancora un senso, laddove si infranga qualunque confine della sfera privata, perfino quello dell’interiorità dell’anima. Censurare la preferenza di riservatezza, espressa dal ministro, significa ritenere corretta una sola opzione: rendere di dominio pubblico l’intima inclinazione sessuale della persona. Dunque “correttezza” vuole che non esista più una sfera intangibile di relazioni personali, protetta appunto da quella riservatezza chiamata privacy dagli anglosassoni. Quella parola è buona solo per compilare moduli prestampati di autorizzazione al trattamento dei dati personali e per giustificare il lauto compenso del Garante, che garantisce ben poco. La civiltà dell’apparire, sotto le direttive del politicamente corretto, impone di rendere manifesto ciò che un tempo era celato agli occhi altrui, sicché il privato diventa sociale ipso facto. E allora bisogna chiedersi quali siano le conseguenze per la nostra libertà. Il disvelamento necessario – oggi per “correttezza”, domani per obbligo giuridico – della propria intimità, non solo condiziona e comprime la libertà individuale, ma altera profondamente l’assetto basilare dei rapporti sociali. La sfera sessuale è la più intima possibile; di tutte le espressioni della privacy, il pudore, sentimentale e comportamentale, è la più significativa; nei secoli dei secoli, ha eretto una barriera insormontabile che impediva al corpo sociale di invadere il dominio esclusivo dell’individuo. Il pudore infatti è l’epidermide dell’anima, come diceva Victor Hugo; nei rapporti sociali svolge una funzione analoga a quella della proprietà privata nei rapporti economico-politici. Ecco perché ai cultori della libertà, i quali non amavano il vecchio socialismo dei mezzi di produzione, piace ancora meno il nuovo socialismo dell’anima.


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