Attualità

LIBERALMENTE CORRETTO – Il banchiere pedagogo

di Michele Gelardi -


Sono entrato in banca per una pratica di mutuo, ma ho capito di essere nel posto sbagliato, perché in quel Tempio di sapienza e virtù si tengono corsi di filosofia etica ed educazione civica, di ispirazione vagamente filantropica e neoreligiosa, lontani anni luce dalle questioni del vile denaro.
La banca non fa la banca, ma si premura di “aiutare” e “indirizzare” coloro che entrano come clienti, ed escono come seguaci, a operare il “Sommo Bene”, declinato in cinque guise. Il cliente, adepto attuale o potenziale, ha davanti a sé 5 strade per la salvezza sua e dell’umanità. Chiamiamoli pure “pilastri”, in onore dell’Ue, tuttora prima della classe in pedagogia delle masse, seppure seguita da vicino dall’ONU e sue diramazioni. I cinque pilastri hanno in comune la ratio giustificativa di fondo, sintetizzata nello slogan “la diversità è un valore da celebrare ogni giorno”. Se ne deduce che il faticoso cammino della civiltà umana, da cui ha avuto origine la “norma” sociale e la “normalità”, non ha alcuna rilevanza per la banca-pedagoga.
Il primo pilastro della dottrina della diversità/valore è l’”uguaglianza di genere”, posto che la banca finalmente è riuscita a risolvere l’annoso problema di rendere concettualmente compatibile la diversità con l’uguaglianza. Ha in programma di “diffondere il valore delle pari opportunità”; beninteso extra moenia, dal momento che intra moenia si guarda bene dal trattare i clienti-seguaci alla stessa maniera e fruga nelle loro tasche, l’una diversa dall’altra. Insomma uguaglianza fuori e diversità dentro; ecco trovata la strada della compatibilità. In base al secondo pilastro, la banca “valorizza e promuove da anni la diversità e l’inclusione”. A carico proprio o altrui? Con veri “aiuti” o con semplici “indirizzi”? Se l’inclusione, come pare, si riferisce in primo luogo agli immigrati, l’aiuto dovrebbe consistere in un sostegno finanziario alle spese di accoglienza affrontate dal cliente-seguace.
E così non è. Il privato non è indirizzato a fare da sé, bensì a delegare il suo altruismo, comprensivo di oneri di inclusione, alla polis; e la faccenda diventa dunque politica. La banca, in buona sostanza, invita il cliente-seguace a essere “inclusivista” a carico di terzi; il che significa simpatizzare per la politica buonista-inclusivista e avversare l’orientamento politico di chi vuole controllare i flussi migratori, come avviene in tutte le altre parti del mondo. Il terzo pilastro è “l’orientamento affettivo e sessuale”. Il banchiere diffida della divisione naturale degli uomini in maschi e femmine e vuole un’umanità fluida e gender, con inclinazione sessuale orientabile, da cercare di volta in volta.
Ovviamente la banca interviene in funzione di tutor in questa fase di ricerca; ma anche, si suppone, in fase esecutiva, giacché la ricerca fine a stessa non avrebbe senso. Il quarto pilastro è il multiculturalismo. Come si può dar torto a cotanto benefattore? La cultura è un grande valore, cosicché una cultura aggiuntiva e magari “diversa” costituisce, per definizione, un valore aggiunto. Perché dunque il consesso sociale dovrebbe accontentarsi di una sola cultura, se può averne due o tre? Poco importa che la cultura di un popolo non si compra al supermercato, essendo il frutto di una lunga evoluzione secolare. D’altronde le questioni di compatibilità tra le diverse culture sono facilmente risolvibili, proprio come quella tra diversità e uguaglianza. E che dire poi del quinto pilastro? Nel confronto generazionale, la banca intende “incoraggiare lo scambio di idee e competenze”. Ottimo proponimento. C’è solo da chiedersi come abbiano fatto le generazioni precedenti a far transitare “idee e competenze” dai padri ai figli senza l’aiuto di una banca.
Frastornato da tanti “aiuti” e “indirizzi”, all’uscita mi sono chiesto ingenuamente perché mai la banca non voglia limitarsi a fare la banca e voglia invece onerarsi di tante fatiche suppletive. Ma, dopo un attimo di riflessione, mi sono dato la risposta: cantanti e presentatori che ci insegnano a vivere, ancorché numerosi, sono comunque insufficienti e purtroppo il festival di Sanremo si svolge una sola volta all’anno; pertanto c’è assoluta necessità di banchieri-pedagoghi, apostoli del Bene.


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