LIBERALMENTE CORRETTO – Il suicidio della scuola italiana
Ai tanti primati italiani tocca aggiungerne un altro: l’egualitarismo più estremo. La dottrina politica
aveva già partorito la brillantissima idea che l’uguaglianza dei diritti e dei doveri fosse poca cosa e di
rilevanza solo “formale”, sicché fosse necessario livellare il reddito di tutti, al fine di pervenire
all’uguaglianza “sostanziale”. Inutile precisare che a siffatta uguaglianza utopistica non si é pervenuti
in alcun contesto storico-politico, malgrado dosi sempre più massicce di autoritarismo siano state
impiegate per realizzare la “livella”.
La libertà è andata perduta per raggiungere l’irraggiungibile. La libertà per sua natura è incompatibile con l’uguaglianza di risultato, giacché postula la libera iniziativa che dà luogo a risultati diversificati. Solo lo status giuridico di persona, con il suo corredo di diritti e doveri, può essere uguale per tutti. Non si può essere liberi e uguali, dal punto di vista econometrico. Nella fattoria orwelliana degli uguali, i maiali sono più uguali degli altri.
La competizione è inevitabile, perché l’uomo non può fare a meno di impiegare le sue risorse, per assicurarsi le migliori condizioni di vita e acquisire rango sociale. Dunque la vera questione è se la competizione debba aver luogo in un contesto di libertà o di dispotismo. Di ciò hanno preso atto perfino i regimi dispotici comunisti, ancora ufficialmente seguaci dell’ideologia egualitaria utopistica, ma pragmaticamente disposti ad assecondare la competizione sociale. Xi Jinping tollera l’arricchimento dei capitalisti cinesi e lo agevola perfino, a condizione che il capitalista risponda agli ordini del Partito comunista Cinese. Le scuole che devono preparare i ragazzi cinesi alla competizione di domani applicano fino in fondo il criterio della selezione meritocratica, senza alcuna considerazione dei famigerati BES e DSA, che hanno ridotto la scuola italiana, da istituzione educativa a clinica di “disagiati”.
E mentre i regimi comunistl orientali accettano la competizione di mercato e la preparano al meglio mediante la meritocrazia scolastica, le libere società occidentali percorrono la strada inversa.
Qui spira ancora il vento egualitaristico del ’68; le scuole e le università fanno a gara per evitare agli studenti la fatica dell’apprendimento, eliminare le radici storiche della nostra cultura, individuare le svariate cause del “disagio”, tutte meritevoli di sussunzione in “categoria protetta”. E mentre il “disagiato” diventa “privilegiato”, il merito individuale evapora ed esula. Questo paradigma egualitaristico ha permeato, in diversa guisa e misura, il sistema educativo del mondo occidentale. Il meccanismo delle quote, la cancel culture, l’impoverimento della lingua, l’abbandono della filosofia e della cultura umanistica, la segmentazione del sapere ridotto a formula tecnica, sono tutte espressioni della comune pulsione egualitaristica, che intende livellare l’uomo-automa, privo di storia e radici.
In questo percorso, ci si è fermati alla soglia dell’esame semplificato o facilitato; al limite si è ipotizzato il
6 politico. Insomma todos caballeros dopo l’esame. Oggi in Italia abbiamo tagliato un altro traguardo: tutti promossi, non già dopo l’esame, ma addirittura prima e senza l’esame. Si può superare l’esame di maturità, evitando di sottoporsi all’esame. Come? Basta dire che si protesta. Il pretesto della protesta – non si sa contro che cosa – è stato utilizzato da numerosi studenti per risparmiarsi la fatica dell’esame orale, con la garanzia di superare comunque l’esame, privo di esame. E d’altronde cosa potrebbe attendersi nella scuola italiana, nella quale il codice disciplinare richiede all’insegnate di “orientare il proprio comportamento alla soddisfazione dell’utente”? Quale migliore soddisfazione dell’utente che quella di superare l’esame senza esame?
Lo psichiatra Crepet ha sottolineato che l’esame della vita sarà comunque inevitabile domani e non vi giungeranno preparati gli studenti che vogliono evitare l’esame di oggi. Insomma la scuola italiana rinuncia al suo ruolo educativo e formativo, in nome di un egualitarismo vacuo e controproducente. E non è escluso che la situazione, pur non essendo seria, sia ancora più grave: il suicidio della scuola italiana precorre e annuncia forse quello dell’intero occidente?
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