Attualità

L’umanità dissolta e sepolta nelle carceri e nell’abisso di Gaza

di Giuseppe Tiani -

epa12314037 Displaced Palestinians inspect tents destroyed after an Israeli strike on the Al-Manasrah camp, which housed more than 200 families in Deir al-Balah, central Gaza Strip, 21 August, 2025. EPA/HAITHAM IMAD


Le Carceri e Gaza luoghi d’umanità dissolta. Le carceri domestiche, istituzioni nate per rieducare ridotte a discariche sociali, il lavoro dei poliziotti penitenziari sempre più impegnativo e massacrante. Le celle sono alveari claustrofobiche, turni per respirare aria in un grigio cortile. Dove lo Stato e la civiltà del diritto dovrebbe correggere, ci si abbrutisce. Gaza rappresenta l’abisso in cui è precipitata l’umanità, ove la segregazione ha i colori dello sterminio del popolo della Striscia, la colpa, esistere sotto il cielo sbagliato, innocenti pagano le barbarie subite dal popolo israeliano. Una prigione priva di sbarre, sostituite dall’assedio e dall’acqua negata, corpi sepolti tra le macerie per disfarsi di ingombranti reclusi, non è retorica affermare che non si può ridurre a residuo da scartare una popolazione, cifra dell’equilibrio dei poteri. Gaza e carceri non sono la stessa cosa, ma protagoniste inconsapevoli nel gioco degli specchi dell’umanità perduta, lasciate scivolare nella burocratica dell’indifferenza, entrambe testimonial della fragilità umana, quando vita e libertà sono piegate alla logica del potere non hanno più valore. Nel carcere disumanizzato il detenuto non è più cittadino, in Palestina non è più un uomo. Carceri e Gaza antico problema, si discute di riforme penitenziarie e tregue temporanee, ma dovremmo domandarci quale futuro ci resterà, rassegnati dalla normalità dell’abisso. Il fil rouge che lega le patrie galere alla Striscia di Gaza e la perduta umanità. Nonostante il principio fissato dall’articolo 27 della Costituzione, sulla funzione “rieducativa” della pena, il carcere è diventato un luogo disumano, in quelle condizioni si odia di più. Il ceto politico nella sua interezza parla e il sovraffollamento resta, come a Gaza si chiude un occhio, e pure due davanti ai massacri in diretta. Palazzi rasi al suolo, ospedali bombardati, bambini muoiono di fame, pedine sacrificabili di una scacchiera avvolta dalla nebbia. Carcere e Gaza, mondi lontani ma non troppo, in entrambi i casi gli esseri umani sono fastidi da nascondere o eliminare. Qui si comprimono nelle celle, là si riducono in macerie. Cambia la narrazione ma non la sostanza, la dignità e il rispetto per la vita sono materiale di scarto. Eppure, continuiamo a credere di essere un continente civile, un occidente “democratico” infatti sotto gli occhi di tutti, subisce la colonizzazione dell’islam, il cui credo e principi sono incompatibili con il nostro modello di società e le nostre leggi. Ma se il carcere è diventato una discarica e Gaza un cimitero a cielo aperto, la civiltà smarrita non è più di casa in Europa. Gianni Alemanno, ha scoperto che le carceri italiane sono invivibili, una denuncia roboante, come se avesse rivelato il terzo segreto di Fatima. In realtà tutti sanno, come denunciano da tempo immemore il Sappe e altre sigle della polizia penitenziaria, per celle stipate come vagoni bestiame, suicidi non solo di detenuti ma anche di poliziotti penitenziari. Ma se lo afferma Alemanno un ex barone della politica, la notizia prende quota e fondata. Ci commuoviamo a intermittenza per il disumano sovraffollamento carcerario, e per un popolo che a poche ore di volo è stipato in una prigione a cielo aperto chiamata Gaza. Lì non serve la denuncia di un ex sindaco e ministro, ci sono macerie imbrattate del sangue innocente dei bambini estratti dai palazzi demoliti, di famiglie cancellate in diretta ma quella non è un’emergenza umanitaria è “un’operazione militare” di antiterrorismo. E così, mentre Alemanno riscopre la compassione, l’occidente pratica l’ipocrisia, il detenuto è materiale di scarto, il palestinese un fastidio da rimuovere. Due facce di un’umanità diventata optional, ma sempre utile per la strategia politica del momento. In molti, specie i più snob e salottieri, continuano a raccontarsi che siamo una democrazia garantista, una civiltà evoluta che rispetta le differenze di genere e la contaminazione culturale, quindi anche il burqa e veli vari, nonostante privino le donne della loro libertà e femminilità. Poi, quando servirà ci sarà un Alemanno a ricordarci che le carceri sono disumane e che a Gaza anche gli innocenti periscono, fingeremo ancora una volta di stupirci e indignarci, non costa nulla e prendere iniziative costerebbe troppo. Ma ci definiamo “culla della civiltà e del cristianesimo”, i cittadini credenti si battono il petto in chiesa la domenica invocando la misericordia, leader e politici vestiti di nero ai funerali di Papa Francesco recitavano il Padre Nostro, ma varcata la soglia della chiesa e terminato il rito funebre il Vangelo e posato nel messale, la
compassione evapora davanti alla disumanità delle carceri e delle macerie di Gaza. La nostra decadente
civiltà, ridotta a stipare corpi nelle carceri o seppellirli sotto le macerie di Gaza.


Torna alle notizie in home