Attualità

Marcinelle: la tragedia che l’Italia non può dimenticare

Marcinelle non è solo una pagina nera della storia del lavoro, ma un simbolo eterno del sacrificio degli emigrati italiani.

di Gianluca Pascutti -


Marcinelle è una ferita ancora aperta. L’8 agosto 1956, la miniera di Bois du Cazier, a Marcinelle, in Belgio, divenne teatro di una delle più grandi catastrofi del lavoro nella storia europea: 262 lavoratori rimasero intrappolati sottoterra, e solo 12 si salvarono. Dei morti, 136 erano italiani, provenienti da ogni parte del Paese, spinti all’estero dalla miseria del dopoguerra e da un futuro incerto.

L’inferno nel cuore del Belgio industriale

Alle 8:10 del mattino, un errore nel posizionamento di un vagoncino causò la rottura di cavi elettrici, scatenando un incendio devastante. Il fuoco si propagò rapidamente attraverso i cunicoli, riempiendo l’aria di gas tossici. Le vie di fuga furono ostruite, e la mancanza di adeguate misure di sicurezza rese la tragedia inevitabile.

In pochi minuti, l’intera miniera divenne una camera della morte. I soccorritori, molti dei quali minatori volontari, poterono solo recuperare corpi carbonizzati o soffocati.

L’emigrazione come condanna sociale

L’accordo italo-belga del 1946 prevedeva che l’Italia inviasse manodopera in cambio di carbone. Così, migliaia di uomini lasciarono il proprio Paese, soprattutto da regioni come Abruzzo, Calabria, Puglia, Sicilia, Campania e anche Friuli Venezia Giulia, per lavorare nelle miniere in condizioni proibitive.

Ma il dramma non era solo nel sottosuolo. Gli italiani venivano spesso trattati con disprezzo e diffidenza. Nelle città, su molte porte di abitazioni in affitto campeggiavano cartelli con la scritta:
“No bestiame, no stranieri”.

Molti operai, rifiutati dalle famiglie locali furono costretti a dormire in baracche, stalle dismesse o negli ex lager nazisti, trasformati in dormitori di fortuna. Una condizione disumana, che aggiunge dolore e indignazione alla già tragica vicenda.

Nessun vero colpevole, solo vittime

Un processo stabilì responsabilità generiche, ma l’unico dirigente condannato ricevette una pena minima. Nessuno pagò davvero per la mancanza di sicurezza, le scarse misure antincendio e l’organizzazione del lavoro a rischio.

Marcinelle oggi: memoria e dignità

Oggi Marcinelle è un simbolo. Il sito della miniera è diventato un museo-memoriale, riconosciuto patrimonio UNESCO, e ogni 8 agosto si celebra la Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, istituita nel 2001.

A Marcinelle non si ricordano solo i morti. Si ricordano le speranze spezzate, i sogni interrotti, e la sofferenza di intere famiglie italiane, che spesso hanno saputo della morte dei loro cari solo dai giornali o dai telegrammi delle ambasciate.

Un’Italia lontana, ma presente nel cuore della tragedia

Anche oggi, Marcinelle ci parla. Parla di una generazione che ha lavorato nel silenzio, nella paura e nella fatica, lontano dalla propria terra. Parla del valore della memoria, della dignità del lavoro, della necessità di non dimenticare mai.

Il ricordo commosso

Questa mattina alle 8:10 in punto, nel piazzale antistante l’ingresso della miniera di Bois du Cazier, la campana “Maria Mater Orphanorum” ha risuonato solenne per 262 volte, un rintocco per ciascuna delle vittime del disastro di Marcinelle.

Ad ogni rintocco, è seguito il momento più toccante della cerimonia: la lettura scandita e solenne dei nomi dei minatori caduti, pronunciati uno ad uno davanti a una platea raccolta, immersa in un silenzio carico di emozione.

Alla commemorazione erano presenti le associazioni dei minatori italiani, numerosi familiari delle vittime, e la viva comunità italiana ancora oggi radicata nell’area di Charleroi, a testimonianza di una memoria che non si spegne. A rappresentare il governo italiano, il sottosegretario agli Affari Esteri Giorgio Silli, accompagnato dall’ambasciatrice d’Italia in Belgio, Federica Favi.


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