Economia

Giù petrolio e gas, i mercati credono alla tregua di Trump

di Giovanni Vasso -


Sarà quel che sarà, intanto i mercati ci credono, eccome, alla tregua annunciata da Donald Trump con l’Iran e Israele. Nonostante gli screzi registratisi a distanza di pochissime ore dall’annuncio del presidente americano, il primo effetto della fine della “guerra dei dodici giorni” è stato quello di far crollare le quotazioni di petrolio e gas. Il brent s’è stabilizzato sotto i 67 dollari al barile dopo che, quando in Italia era mattina, il prezzo del barile era sceso fino di colpo a 68,66 dollari, perdendo fino al 3,93% del valore. Non sono bastate le accuse di Tel Aviv, le minacce di un nuovo attacco israeliano: dopo un secondo intervento di The Don, che ha stigmatizzato la rottura del cessate il fuoco da parte di entrambe le fazioni, le quotazioni hanno proseguito la loro discesa dopo aver preso, per un attimo, la via della rivalutazione. Se possibile, va ancora meglio per quanto riguarda il gas. I timori sembrano essere già fugati e al Ttf di Amsterdam, dopo la fiammata che aveva portato i prezzi oltre i 41 euro al megawattora, s’è assistito a un ridimensionamento imponente, superiore addirittura al 12%. Ieri sera, infatti, la quotazione s’era fermata poco sopra i 35 euro al MwH. Va da sé, dunque, che la giornata in Borsa sia stata particolarmente felice, almeno per l’Europa. Milano ha guadagnato l’1,63% mentre Francoforte ha fatto anche meglio segnando un aumento delle contrattazioni pari all’1,65%. A Piazza Affari, però, non è stato un martedì di festa per i titoli energetici e in particolare per i petroliferi. Eni, nonostante l’ok all’acquisizione di Acea Energia decretato dal Cda Plenitude, sconta (anche) la mazzata Antitrust a Novamont e perde il 2,54%. Male anche Tenaris e Saipem (-2,44% e -2,09%) mentre i bancari volano, recuperando il terreno perduto nei giorni scorsi.
Bastava, dunque, fugare lo spettro della chiusura dello stretto di Hormuz, esorcizzando così i fantasmi dell’inflazione e del carovita, per ritornare a respirare. I mercati ci credono alla tregua. Trump, adesso, accetta ringraziamenti. A partire dalla Cina. Il presidente americano, nel pomeriggio, ha scritto sui social che Pechino “ora può continuare ad acquistare petrolio dall’Iran” e che “spera che ne acquisterà in grandi quantità anche dagli Stati Uniti: è stato un onore per me aver contribuito a rendere possibile tutto questo”. Chi, di certo, continuerà a non dargli soddisfazione è il falco Jerome Powell, il governatore della Fed, secondo cui i tassi rimarranno fermi per ancora un bel po’ di tempo. Tutti sforzi inutili, quelli profusi sinora da Trump. La banca centrale americana tiene il punto e non cede. Anche se la crisi, almeno per ora, appare scongiurata.
Nel frattempo la vicenda rincari tiene banco, in Italia. Oggi si riunirà il Garante dei prezzi convocato dal ministro all’Industria e Made in Italy Adolfo Urso. Le sigle dei consumatori attendono l’esito della riunione. C’è chi, come l’Unc, ha già pronti esposti contro i rincari alla pompa registratisi in autostrada (e non solo) durante la “guerra dei dodici giorni” e chi, come Assoutenti, si attende “risposte precise” dalla riunione. Dall’altro lato della barricata c’è la Figisc-Anisa, l’organizzazione dei benzinai Confcommercio, che taccia di “complottismo” chi “pensa di scatenare organi di controllo sui piazzali alla caccia di speculazioni” e “rende un pessimo servizio alla comprensione dei fatti, non fa un favore reale ai consumatori e, infine, opprime del tutto inutilmente e con danno la categoria più debole della filiera, del tutto estranea all’accesso a qualunque meccanismo di prezzo”. Ma non è finita. Già, perché tra i due litiganti, il terzo s’infuria. Sono gli operatori della logistica di Feoli ad alzare la voce col presidente Enrico Folgori: “Chiediamo al governo di intervenire preventivamente per scongiurare rincari del costo dei carburanti e dell’energia, per evitare che imprese e famiglie paghino di nuovo un prezzo elevatissimo. Il sistema del trasporto e della logistica in particolare rischia di restare in ginocchio. Davanti a loro le aziende avranno due vie: continuare lavorare facendo lievitare le tariffe e conseguentemente i prezzi al consumo; oppure fermarsi. Molte non troveranno conveniente andare avanti così. Senza misure in grado di evitare un aumento sconsiderato dei prezzo dei carburanti la serrata del mondo dell’autotrasporto sarà inevitabile”.


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