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Mercato del lavoro: 2 milioni di disoccupati, 1 milione di posti vuoti

di Angelo Vitale -


Ancora paradossi nel mercato del lavoro. Se i disoccupati in Italia sono poco meno di due milioni, di cui 800 mila circa in età compresa tra i 15 e i 34 anni secondo la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone nell’aprile scorso, sarebbero un milione i posti che le imprese non riescono a trovare.

Non proprio una novità: nel nostro Paese da sempre la domanda e l’offerta faticano a incrociarsi. Non solo: chi è alla ricerca di un’occupazione spesso presenta un deficit educativo ed esperienziale notevole rispetto alle abilità professionali richieste dalle attività economiche. Ciò, a segnalare che quasi nulla viene fatto, nel mondo della scuola, per accelerare conoscenze e competenze utili ad un rapido ingresso nel mondo del lavoro.

E quindi ancora molte persone, soprattutto giovani, sono senza una occupazione, mentre tante aziende, anche nel Mezzogiorno, sono frenate nella produzione, costrette a rinunciare a una quota importante degli ordinativi in assenza di risorse umane sufficienti per far fronte a nuove commesse. Per Cgia Mestre, ne emerge un quadro preoccupante: molte famiglie continuano a rimanere in condizioni di fragilità economica e altrettante imprese, non potendo incrementare l’attività produttiva, non possono crescere dimensionalmente e creare nuova ricchezza da distribuire.

Saldatori, medici, ingegneri, intonacatori sono introvabili. Attraverso la periodica indagine Excelsior condotta presso gli imprenditori italiani dall’Unioncamere-Anpal, Cgia fotografa le prime 50 figure professionali di difficile reperimento. Praticamente introvabili sono i saldatori ad arco elettrico, i medici di medicina generale, gli ingegneri elettronici e delle telecomunicazioni, gli intonacatori, gli stuccatori, i decoratori e i cartongessisti, i dirigenti d’azienda, in particolare di istituti scolastici privati e di strutture sanitarie private. Di questo primo blocco, in 8 casi su 10 la ricerca degli imprenditori privati e pubblici si tramuta in fallimento.

Altrettanto difficili da reperire sul mercato del lavoro i meccanici collaudatori, gli infermieri e le ostetriche, i tecnici elettronici, i tappezzieri e i materassai, gli operai addetti a macchinari per la filatura e bobinatura, i saldatori e i tagliatori a fiamma, gli ingegneri elettronici, gli elettrotecnici e gli operai addetti ai telai meccanici per la tessitura e maglieria. In questo secondo blocco, a vuoto 7 volte su 10 le richieste imprenditoriali.

“Per contrastare il disallineamento tra scuola e lavoro – commenta il segretario della Cgia Renato Mason – dobbiamo investire sull’orientamento, spiegando agli insegnati, alle famiglie e ai ragazzi che nella vita professionale ci si può affermare anche come lavoratori autonomi. Più in generale, comunque, bisogna ridare dignità al lavoro manuale, pagarlo di più e ricordare a tutti che gli istituti professionali e quelli tecnici non sono scuole di serie B, ma realtà che sono in grado di formare gli operai e i tecnici del futuro, molti dei quali lavoreranno in camice bianco e in dotazione avranno strumentazioni tecnologiche dal valore economico di migliaia e migliaia di euro”.

A Nord-Est il divario più ampio, quasi un posto di lavoro su due rimane scoperto. Se al Nord si cercano soprattutto camerieri, commessi e addetti alle pulizie, al Sud la richiesta si concentra su muratori e, anche qui, su camerieri e commessi. Tra le quattro ripartizioni geografiche del Paese, invece, le maggiori difficoltà nel reperire i lavoratori dipendenti proprio nell’area storicamente vocata alle dinamiche economiche. A Bolzano, infatti, nel 2022 registrata l’incidenza percentuale più alta pari al 52,5 %. Seguono Pordenone con il 52%, Gorizia con il 48,8%, Pavia con il 48,3%, Trento con il 47,9%, Udine con il 47,8%, Bologna e Vicenza con il 47,7%, Lecco con il 46,9% e Padova con il 46,8%.

Mentre nel mercato del lavoro al Sud, nonostante il livello di disoccupazione si aggiri mediamente sul 15%, un nuovo posto di lavoro su tre ha rischiato di non essere coperto. Le punte più elevate a Chieti e L’Aquila con il 43,6%, a Caltanissetta con il 40,5%, Cagliari con il 39,2%, Brindisi e Sassari con il 39%, Siracusa con il 38,8%, Isernia, Matera e Pescara con il 38,5%, Benevento con il 38,1% e di seguito tutte le altre.

Un fenomeno crescente negli ultimi sei anni. Dal 2017 le difficoltà di assunzione sono più che raddoppiate. Analizzando l’incidenza percentuale delle difficoltà di reperimento, dal 2017 al mese scorso è diventata oltre il doppio. Se sei anni fa solo il 21,5% degli imprenditori dichiarava di faticare moltissimo a reperire nuovo personale, nella rilevazione di settembre la percentuale è salita al 47,6% Una tendenza, stima Cgia, destinata a crescere. Appesantita dal combinato disposto tra il calo della natalità e il progressivo innalzamento dell’età media: gli imprenditori saranno chiamati a sostituire un elevato numero di maestranze prossime al pensionamento.


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