Economia

Messi alle strette

di Giovanni Vasso -

URSULA VON DER LEYEN COMMISSIONE UE CHRISTINE LAGARDE BCE


di GIOVANNI VASSO

Luciano Ligabue dovrebbe riscrivere il suo capolavoro. È dura, durissima, la vita da Giorgetti, altro che quella da mediano. Questo, infatti, può sperare di vedere, prima o poi, il cielo azzurro sopra Berlino. Il ministro all’Economia italiano, invece, se tutto va bene può al massimo dirsi “ottimista” di aver intravisto un raggio di luce nel cielo plumbeo di Stoccolma. La riunione dell’Ecofin è stata un martellamento continuo per Giancarlo Giorgetti. Tutti a chiedergli “Quando lo ratificate il Mes?”. Come se fosse facile, poi, spiegarlo agli italiani che l’hanno visto in azione in Grecia e sono ancora traumatizzati. Tra un “quando” e un “ratificate”, però, Giorgetti è riuscito anche a strappare più di una promessa per la terza rata del Pnrr. “Non è questione di ore – ha spiegato il ministro -, ma sono assolutamente ottimista”. Già è qualcosa.

Ottimismo obbligatorio

Partiamo proprio dal Pnrr. Giorgetti, sempre con estremo tatto e altrettanta cautela, ha detto: “Noi crediamo di essere nei tempi. Per quanto riguarda quello che dovevamo fare, l’abbiamo fatto. Siamo ottimisti rispetto allo sblocco della rata”. E sul capitolo Repower Ue, il titolare del Mef ha sottolineato: “Tutti i paesi hanno chiesto un po’ di tempo; noi ce lo stiamo prendendo. Quello che forse si fa fatica a capire è che, siccome l’Italia ha preso l’intera allocazione del piano Ue di Recovery mentre gli altri hanno dei Piani molto più ridotti, altri fanno meno fatica di noi. Ma è un problema di tipo oggettivo, quantitativo”. Il troppo, dunque, stroppia. O, quantomeno, rallenta. Giorgetti si è poi soffermato sul tema dei temi che, proprio per questo, è poco dibattuto. I prestiti a interesse. “Quanto mi costano quelli del Pndd? Facciamo l’1,5% di interessi; quindi conviene prenderli quelli lì. Ma quelli del Piano nazionale complementare quanto costano? Il 5 per cento? Quindi li prendiamo? Mah, non so, vediamo”. Da “buon padre di famiglia”, citando il Codice civile, Giorgetti dichiara: “Allora, se io ho la possibilità di prendere dei prestiti in questo momento all’1% magari cambiando, rivedendo le priorità ai progetti, li prendo. Se devo prendere quelli al 5%, giustamente, da buon padre di famiglia, da buon ministro delle Finanze ci penso due volte”.

MES: PRESSIONI PER UNA
SCATOLA MEZZA VUOTA?

Quello che tutti, all’Ecofin, si attendono dall’Italia è che il governo ratifichi il Mes. Lo hanno detto tutti, in tutte le salse. Da Christine Lagarde (Bce) a Pascal Donohoe (presidente Eurogruppo), da Pierre Gramegna (presidente Mes) fino al ministro delle finanze tedesco Christian Lindner. Giorgetti li ha incontrati tutti, meno Lagarde in un clima “amichevole e costruttivo”, come assicura il Mef su Twitter. Ma per il centrodestra (e non solo) quelle tre lettere sono peggio della kriptonite. Al governo, ieri, è arrivato un invito a “resistere” dall’ex ministro all’Economia Giulio Tremonti, oggi esponente di spicco di Fdi. Anche perché, a quanto pare, nel pacchetto ci sarebbero più legacci, riforme, limiti e paletti che soldi: “Il fondo ha una capacità, quando ci sarà, molto limitata rispetto alla crisi che dovrebbe fronteggiare e che se arriva, si spera di no, va ben oltre la capacità di quel fondo. La discussione è piuttosto aperta – ha spiegato Tremonti a Radio1 -, la prospettiva deve essere prudente, cauta, va prevista l’intensità della crisi che è enormemente superiore alla disponibilità del Mes”.

IL NUOVO PATTO ENTRO IL 2024

Un altro tema centrale è quello legato al nuovo patto di stabilità. Tornare alle vecchie regole non conviene a nessuno. Nemmeno alla Germania. Che, in un non-paper, ha chiesto numeri e parametri orizzontali, chiari e valevoli per tutti. Come se tutti i Paesi fossero uguali. La Commissione, infatti, ha rigettato una proposta del genere. E mentre i funzionari europei si divertivano a dividere i ministri in gruppi di lavoro intitolati agli animali del bosco (povero Giorgetti, mustelide “ghiottone”), la presidenza svedese suonava le trombe della positività: “Tutti e 27 gli Stati membri vogliono concordare sulla riforma. Tutti pensiamo che sia importante rivedere le norme”, ha squillato Elisabeth Svansson, ministro dell’Economia svedese: “Sono più positiva di altri. Non entrerò nei dettagli, ma sono convinta che, visto che abbiamo concordato sulle conclusioni, possiamo trovare un accordo anche sui prossimi passi. Sarà facile? No. Sarà possibile? Sì”. Si punta, però, ad anticipare i tempi. A fare in modo che la riforma sia pronta ad entrare in vigore già all’inizio del 2024. Nessuno vuole tornare indietro. Né l’Ue, che punta a “controllare” gli investimenti degli Stati. E nemmeno gli Stati membri che sono consapevoli dei rigori previsti dall’impianto che l’Ecofin intende superare con il nuovo patto di stabilità.


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