Cultura & Spettacolo

Musica, Deci: “La mia Metropoli che fugge dall’io e vince col noi

di Nicola Santini -


Classe ’91, mantovano, Deci esordisce con “Metropoli”, un album sofisticato e viscerale che racconta l’alienazioneClasse ’91, mantovano, Deci esordisce con “Metropoli”, un album sofisticato e viscerale che racconta l’alienazione delle grandi città con sonorità elettroniche e testi intimi. Tra i brani spicca Americana, singolo dalle atmosfere new wave che rilegge gli anni ’80 in chiave attuale. Il disco, nato da fitto intreccio di collaborazioni (tra cui Paviani, Florulli, Palmitessa e Bernabei), è un viaggio emotivo che riflette su identità, desideri e attese.

Intervista a Deci: “Spero che l’ascoltatore si senta compreso”

“Metropoli” racconta la solitudine urbana. Da dove nasce questa visione?
È una visione che nasce da esperienze e vissuto personale, uniti alla percezione che ho sempre avuto della solitudine che si vive nelle grandi città. Spesso ci si sente inghiottiti da un enorme macchinario composto da milioni di ingranaggi che, nel loro piccolo, fanno andare avanti la società come collettivo, trascurando però l’individuo e le sue necessità.

In un mercato ossessionato dalla giovinezza, che spazio ha oggi un cantautore della tua generazione?
Probabilmente, da un punto di vista prettamente economico, non sono particolarmente appetibile per una major, per vari motivi: la mancanza di viralità su larga scala, o l’impossibilità di investire sulla mia figura artistica in quanto non legata a un trend del momento. Potrei non essere un buon investimento, nel senso che non posso essere trattato come una meteora, come accade con tanti giovani artisti. D’altro canto, credo che una maggiore consapevolezza artistica sia un vantaggio, perché permette più indipendenza e direzione: si punta a lasciare qualcosa di “profondo” invece di inseguire parametri effimeri.

“Americana” suona anni ’80 ma parla al presente: che rapporto hai con il passato musicale?
Guardo alla musica del passato come a qualcosa di inarrivabile. Ci sono artisti che, dal punto di vista creativo, sono e resteranno delle divinità. Li osservo con ammirazione e cerco sempre di trarre ispirazione da quelle sonorità che mi toccano nel profondo, che fanno vibrare la mia parte più viscerale. Il mio obiettivo è riportarle nel mio mondo con cura e attenzione, cercando sempre di offrire una nuova prospettiva a qualcosa che, in fondo, è già perfetto così com’è.

La tua città è reale o simbolica?
La mia città è sicuramente simbolica. “Metropoli” rappresenta la mia città interiore, dove scelgo di illuminare o oscurare certi aspetti a seconda di ciò che voglio raccontare. Tuttavia, da un punto di vista visivo e pragmatico, l’immaginario si rifà a metropoli reali come New York o Tokyo.

Cosa vorresti arrivasse a chi ascolta “Metropoli” per la prima volta?
Vorrei che ci fosse attenzione ai testi. Spero che l’ascoltatore si senta compreso nelle tematiche che affronto, e di conseguenza, meno solo.


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