Nagel sconfitto, il ministro Giorgetti regista silenzioso
Cade il piano Generali Mps che spiana la strada su Mediobanca
Quando la notizia proveniente da Milano è diventata ufficiale in tarda mattinata Luigi Lovaglio, ad di Monte dei Paschi di Siena gongolava. L’obiettivo di creare il terzo polo bancario si concretizza. Al contrario la partita di Alberto Nagel si è chiusa con una sconfitta pesante. L’assemblea di Mediobanca ha bocciato la proposta di lanciare un’Offerta pubblica di scambio (Ops) su Banca Generali: il 42,9% dei voti contrari o astenuti ha prevalso sul 35% dei favorevoli. Un verdetto che non solo spegne il sogno di creare un campione nazionale del wealth management, ma segna il fallimento della strategia difensiva elaborata dall’ad per contrastare l’offensiva di Siena. Nagel aveva puntato su un colpo a sorpresa: inglobare Banca Generali, il gioiello del risparmio gestito controllato da Trieste, per rafforzare Mediobanca e sottrarla alla pressione di MpS. Ma l’operazione, pur benedetta dai grandi fondi internazionali, si è infranta contro il muro dei soci italiani. Caltagirone e Delfin, le casse previdenziali e parte delle sgr domestiche non hanno sostenuto l’operazione, aprendo un’autostrada al progetto di Mps. Il quadro che emerge è chiaro: Piazzetta Cuccia non è più il fortino inespugnabile del capitalismo di relazione. La merchant bank è vulnerabile come non mai. L’Ops senese ha raggiunto quasi un quinto del capitale Mediobanca. Ora che il piano alternativo di Nagel è caduto, l’asse guidato da Siena, con il sostegno implicito del governo e del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti – il grande suggeritore -, può avanzare senza più ostacoli interni. Per il governo è una vittoria indiretta, ma decisiva. Con Mps sotto la sua influenza, il Tesoro può ridisegnare gli equilibri del sistema bancario. Adesso la prospettiva di un cambio di governance a Mediobanca, cuore pulsante della finanza nazionale, diventa concreta come mai negli ultimi decenni. A trarne vantaggio sono soprattutto gli avversari storici di Nagel. Su tutti Francesco Gaetano Caltagirone che vede confermata la sua capacità di bloccare le mosse dell’attuale board. I Del Vecchio hanno mantenuto la posizione attendista ma decisiva: l’astensione ha pesato come un no, aprendo la strada alla scalata di Siena. Altri hanno scelto un approccio diverso. Unipol fiutata l’aria ha preferito disimpegnarsi vendendo il suo 2%, realizzando una lauta plusvalenza. Una mossa che conferma come la partita fosse ormai indirizzata a favore di Siena. Il colpo per Nagel è doppio: svanisce il progetto di creare un polo del risparmio gestito con Banca Generali e certifica l’incapacità di raccogliere l’appoggio dei grandi azionisti italiani. Piazzetta Cuccia da regista delle partite del capitalismo nazionale, diventa terra di conquista. Un dato epocale. Cosa cambia? L’offerta di Mps diventa sulla carta vincente. Con il 19,4% già raccolto e la prospettiva che contrari e astenuti aderiscano, Siena potrebbe arrivare al controllo di Mediobanca. La disfatta di Nagel segna un cambiamento epocale nell’arena bancaria. Piazzetta Cuccia, simbolo e roccaforte del capitalismo nazionale, rischia di passare sotto il controllo di un istituto legato al governo. E con essa, l’egemonia costruita negli anni da Nagel e dai suoi predecessori potrebbe giungere al capolinea. Nella battaglia i vincitori hanno il nome di Caltagirone e la famiglia Del Vecchio e, indirettamente, il governo attraverso Mps.
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