La filiera degli oli usati in Italia è un modello di eccellenza europea poco noto ma strategico. Nel 2024 il sistema ha raccolto 188mila tonnellate di oli minerali usati, la totalità di quanto teoricamente recuperabile, oltre il 98% è stato rigenerato in nuove basi lubrificanti equivalenti a quelle di prima produzione petrolifera.
Oli usati, eccellenza in Europa
La media europea è molto più bassa, intorno al 61%. “Un sistema che recupera praticamente ogni goccia di olio lubrificante”, afferma Riccardo Piunti, presidente del CONOU, sottolineando l’attenzione alla qualità del rifiuto in entrata e dell’olio rigenerato in uscita.
Un sistema che evita dispersioni ambientali di sostanze pericolose, consentendo di produrre materiali utili e di alto valore. La rigenerazione trasforma l’olio usato in nuove basi lubrificanti, bitumi e gasoli, riducendo al minimo il ricorso a termodistruzione o combustione.
A livello economico e sociale, impatti positivi grazie a posti di lavoro (nel 2022 oltre 1200 addetti) e risparmi derivanti da importazioni di petrolio evitate (storicamente di molto superiori ai 100 milioni di euro). “Se il prodotto rigenerato non ha qualità buona, non funziona e la circolarità si interrompe”, sottolinea Piunti. La leadership italiana nella raccolta e rigenerazione non è casuale.
Una raccolta capillare
Il CONOU opera dal 1984 per costruire una rete di raccolta capillare con concessionari e impianti di rigenerazione in tutta la penisola. Il risultato, un sistema coerente in cui neanche una goccia di rifiuto pericoloso viene dispersa nell’ambiente. Una filiera che è molto più di un semplice processo di recupero dei rifiuti.
È uno strumento concreto di economia circolare che risponde a due pressioni globali urgenti: la scarsità di materie prime fossili e la riduzione dell’impatto climatico. I lubrificanti rigenerati riducono la dipendenza dal greggio importato e abbassano l’impronta energetica complessiva del ciclo produttivo.
Allo stesso tempo, i prodotti secondari come bitumi e gasoli trovano impiego in altri settori industriali, contribuendo a una catena di valore più ampia.
Il futuro della filiera
Una leadership italiana che deve guardare al futuro. La trasformazione tecnologica e la mobilità elettrica potrebbero ridurre la domanda di oli lubrificanti tradizionali. Da qui, l’importanza di esplorare nuovi usi dell’olio usato oltre alla rigenerazione classica, ad esempio nella produzione di bioenergia o in applicazioni industriali innovative. Allo stesso tempo, la diffusa pratica di smaltimento non ottimale in altri Paesi europei evidenzia la necessità di esportare competenze italiane e di lavorare per un’armonizzazione normativa più forte a livello comunitario.
Il comparto degli oli usati, insomma, non è più solo un capitolo tecnico della gestione dei rifiuti. È risorsa strategica che unisce tutela ambientale, efficienza economica e resilienza industriale. La sfida, non solo nel mantenere la leadership ma nel reinventare il modello per il futuro, ampliando le applicazioni e promuovendo una circolarità più profonda.
In queste gocce di olio rigenerate si nasconde una delle storie migliori dell’economia circolare italiana, una storia che merita attenzione e sviluppo continuo.
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