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PANZERI KAILI e i sacchi pieni

di Rita Cavallaro -

EVA KAILI VICE PRESIDENTE PARLAMENTO EUROPEO


Altro che Ifigenia, la vittima sacrificale. Se Eva Kaili vuole cercare nella mitologia il ruolo, che da vicepresidente dell’Europarlamento ha avuto nella vicenda Qatargate, deve guardare all’induismo. Alle tante mani della dea Kali, inviata sulla Terra per combattere contro un gruppo di demoni e diventata lei stessa un pericolo per gli esseri umani. Fagocitata dal male, dalla corruzione, dai soldi. Dalle mazzette che avrebbe preso con le sue tante mani dagli emissari dell’Emiro per ripulire, forte del suo ruolo, l’immagine del Paese del Golfo che viola i diritti umani. È stata lei stessa ad ammetterlo, seppur parzialmente. I giorni di carcere l’hanno fatta crollare, sotto il peso delle prove raccolte dalla procura federale belga e di quella montagna di banconote, per un totale di 750mila euro, sequestrate al padre dell’europarlamentare greca, mentre cercava di portarle via in una valigia che aveva riempito a casa della figlia.
Tangenti che la dea Kaili non solo ha negato di aver mai preso, quel giorno in cui la polizia arrestò il genitore al lussuoso hotel Sofitel, dopo aver seguito e documentato il tentativo di occultamento di quelle mazzette. La dea Kaili ha perfino giurato di non sapere che a casa sua fossero nascosti tutti quei contanti. Mettendo in scena così la tragedia di Euripide, quell’Ifigenia in Aulide tradita dal padre Agamennone che, con il pretesto di darla in sposa ad Achille, la mise sull’ara sacrificale di Artemide per assicurarsi i buoni auspici nella spedizione verso Troia. Eva-Ifigenia, vittima, a sua insaputa, del giro di corruzione per conto del Qatar messo in piedi dall’ex eurodeputato dem Antonio Panzeri e dal compagno Francesco Giorgi. E quando quest’ultimo in cella ha cominciato a vuotare il sacco, tentando di negare il coinvolgimento di Eva ma ricostruendo un sistema che vede coinvolti oltre 60 europarlamentari, anche Kaili ha capito che, di fronte alla realtà investigativa, era arrivato il momento di gettare la maschera del teatro greco. E ha confessato, in buona parte, cercando di limitare le sue responsabilità. “È vero. Conoscevo le attività di Mr. Panzeri. E sapevo che a casa mia c’erano delle valigie piene di soldi”, ha ammesso a verbale durante l’interrogatorio con il giudice Michel Claise. Dichiarazioni, più che spontanee, “spintanee”. Perché gli investigatori sapevano già tutto e le hanno messo davanti gli elementi che la inchioderebbero come parte attiva nella “vasta organizzazione fraudolenta” sviluppata e “animata” da Panzeri, i cui “atti criminali” avrebbero avuto una “natura complessa, organizzata e ripetitiva”, come viene indicato nel mandato d’arresto europeo notificato alla moglie del politico di Articolo Uno, Maria Colleoni, che ora sarà estradata in Belgio per rispondere del suo coinvolgimento nell’organizzazione, in cui è implicata anche la figlia Silvia. Kaili, secondo gli inquirenti, è “intervenuta a difesa degli interessi del Qatar, avendo incontrato il ministro del Lavoro” del governo di Doha, proprio su indicazione di Panzeri, il quale le “avrebbe impartito ordini per il tramite del marito”.
Nell’interrogatorio hanno contestato questo all’ex vicepresidente del Europarlamento e le hanno presentato le intercettazioni. Tra queste, il giorno dell’arresto del padre. Le hanno fatto ascoltare la telefonata che Eva ha fatto al genitore quando la polizia ha bussato alla porta, in cui la greca ha dato istruzioni di nascondere le tangenti. E quando sono scattate anche le manette per il compagno, Eva “ha tentato di avvertire Panzeri e due eurodeputati della presente inchiesta”, scrivono gli inquirenti per motivare le esigenze di custodia cautelari per Kaili, ovvero la flagranza di reato, che si configura nel ritrovamento dei soldi in casa, e l’inquinamento delle prove, messo in pratica con la fuga del padre e le telefonate di Eva per avvisare dell’inchiesta gli interessati. Che agivano con spregiudicatezza e scherzavano mentre si passavano le buste con le mazzette. “Sembriamo quelli di Ocean’s Eleven”, diceva Panzeri. Il quale aveva trasformato Bruxelles nel suo casinò. “Per sostenere gli interessi del Marocco e del Qatar, Panzeri e Giorgi hanno influenzato le nomine dei membri delle commissioni e anche quella del vicepresidente”, dicono gli investigatori. E ora sono in molti a tremare.

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