Politica

PRIMA PAGINA – Per il centrodestra l’accertamento sul Comune di Bari è un atto dovuto

di Giuseppe Ariola -


Un’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Bari, partita nel 2016, tre settimane fa ha portato all’arresto di ben 130 persone, compreso un consigliere comunale del capoluogo pugliese in carica, accusate, tra le altre cose, di associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso, oltre che all’amministrazione giudiziaria della società municipalizzata Mobilità e Trasporti Bari spa. Questi i presupposti in base ai quali è stato attivato un provvedimento di accesso ispettivo nei confronti del Comune di Bari per verificare se vi sia la necessità di procedere con il commissariamento. Apriti cielo! Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, parla di “un atto di guerra”, annuncia di voler rinunciare alla scorta – ricordando di averne una proprio per la sua attività di contrasto alla malavita organizzata – se c’è anche solo “l’anticamera di un sospetto sull’amministrazione, sul consiglio comunale e sul sottoscritto” e urla al golpe, seguito a ruota da numerosi esponenti del Pd che accusano il Viminale di aver effettuato una scelta politica. Il ministro Piantedosi replica che il “governo ha dichiarato guerra alle mafie, non certo agli amministratori locali” e ricorda come da quando si è insediato sono già stati sciolti 15 comuni, a prescindere dal colore politico delle amministrazioni. Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, dice a L’identità di non augurarsi alcuno scioglimento, ma ricorda che è “doveroso accertare una situazione che appare molto grave, per il rispetto dei cittadini e delle istituzioni. A quanto si legge, i clan malavitosi adottavano decisioni molto importanti riguardanti le municipalizzate, anche contro la volontà degli amministratori. Andare fino in fondo nella verifica di quanto accaduto è il minimo che si possa fare. E di certo nessuno, nemmeno una sinistra spesso autoreferenziale nel moralismo, se ne può ragionevolmente dolere”. Il senatore di Fratelli d’Italia Filippo Melchiorre, interpellato sulla questione, ci dice di aver “registrato con rammarico la scompostezza del sindaco Decaro e del Pd rispetto a un accesso che il ministero dell’Interno sta facendo al comune di Bari. Da barese, sono fortemente rattristato di questa reazione e spiace constatare che anche il sindaco Decaro faccia parte del ‘partito del vittimismo’, tanto da spingersi a dichiarare di essere vittima di un complotto. Se non ha niente da nascondere, perché si scompone così tanto?”. Nel precisare che “quello del Viminale è un normale accesso”, Melchiorre puntualizza come “per molto meno, altrove si è proceduto con lo scioglimento. Il sindaco dovrebbe essere contento di poter dimostrare la sua totale estraneità, perché invece appare preoccupato? Si comporti da uomo delle istituzioni”, è l’esortazione del senatore di Fratelli d’Italia. Sulla stessa linea anche la Lega che con Roberto Marti, commissario regionale della Puglia, che in un comunicato parla di un “atto dovuto” ed esorta Decaro a collaborare “con le verifiche per il bene di Bari”. Gli fanno eco i parlamentari pugliesi di Forza Italia che si affidano alla vecchia massima “male non fare, paura non avere” e stigmatizzano le reazioni scomposte alla nomina della commissione di accesso che non può essere interpretata come un atto di “lesa maestà”. Per i parlamentari azzurri “non è costruendo una propaganda all’insegna del vittimismo che Decaro farà del bene alla città, ma sostenendo l’azione coraggiosa degli uomini e delle donne che vogliono una Bari libera dalla mafia”. E se il Pd prova a tirare dritto e a cavalcare l’onda mediatica, chiedendo addirittura che la premier Meloni riferisca in Aula alla Camera sulla vicenda, a rimettere al centro il merito della questione è il deputato azzurro Paolo Emilio Russo che, riferendosi alle amministrazioni sciolte da quando il governo è in carica “prevalentemente di centrodestra”, fa presente come, rispetto a queste scelte, nessuno si è permesso di “metterle in discussione o, peggio, di lanciare accuse”. “Le regole – ammonisce – sono tali se valgono per tutti”.


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