Polemica a destra sulla cittadinanza, ce n’era bisogno?
Come è noto, nella débâcle generale del referendum c’è un quesito che per i promotori è andato peggio del previsto: quello sulla cittadinanza. Se nei quattro quesiti sul lavoro ha prevalso il “sì”, in quello che riguardava la legge sulla cittadinanza oltre un votante su tre si è dichiarato per il “no”. Ergo: neanche a sinistra ritengono che modificare la normativa vigente, riducendo da dieci a cinque anni il periodo minimo di residenza necessario per ottenere la cittadinanza italiana sia una buona idea, o comunque non è una priorità. Quindi era proprio necessario tirare fuori l’argomento a destra? Non sarebbe stato più strategico almeno in questa settimana lasciare che a tener banco mediaticamente fossero le polemiche interne, post flop, dell’opposizione? E invece no. Il vicepremier e ministro Tajani, come già aveva fatto la scorsa estate, rilancia lo ius scholae: ossia riconoscere cittadinanza ai minori stranieri che abbiano completato la scuola dell’obbligo in Italia. Immediata la replica dell’altro vicepremier e ministro Salvini: nessuna concessione.
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