Un frame tratto da un video del rendering del Ponte sullo Stretto di Messina, 6 agosto 2025. ANSA/US WEBUILD +++  ++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++ NPK
  
Ponte sospeso, il governo va avanti. Di sera, l’altra sera, giusto in tempo per aprire i tg: la Corte dei conti ha bocciato, o per dirla come quelli che se la tirano, ha negato la bollinatura alla delibera Cipess che avrebbe dato il via all’iter per l’infrastruttura più discussa della storia di questo Paese. Di sera, giusto in tempo per accompagnare l’apertura dei tg, le reazioni a caldo dei leader. A cominciare da Giorgia Meloni che aveva parlato di “intollerabile invadenza” della magistratura, in questo caso contabile.
In mattinata, ieri, è stata indetta una riunione ai più alti livelli di governo sulla vicenda Ponte a Palazzo Chigi a cui hanno partecipato il presidente del consiglio Giorgia Meloni, i vicepresidenti Matteo Salvini e Antonio Tajani e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Tutto intorno a Montecitorio, a Palazzo Madama, ai palazzi del potere romano, il solito clima di contrapposizione e guerra santa. Sotto il fuoco di fila del centrodestra, i magistrati contabili hanno chiesto di andarci piano: in fondo loro non hanno fatto altro che compiere un controllo relativo “al piano economico finanziario” e mica si sono espressi “sull’opportunità e sul merito dell’opera”. Quello, semmai, l’hanno lasciato alla Cgil che si è messa alla testa delle associazioni che si battono contro l’infrastruttura e all’opposizione parlamentare. Con Conte che ha parlato di “sperpero da 13 miliardi” attirandosi contumelie e accuse sul Superbonus, che di miliardi, per l’attuale maggioranza, ne avrebbe fatti sperperare molti di più. Intanto dall’Associazione nazionale magistrati, già in assetto da battaglia, partivano bordate di solidarietà ai colleghi di viale Mazzini contro la “delegittimazione” che sarebbe stata messa in atto dalla maggioranza, fortemente critica nei confronti della pronuncia. Così come lo è Confindustria che, con il presidente Emanuele Orsini, si è augurata che “l’opera venga fatta”. Identico auspicio di Antonio Gozzi, presidente Federacciai, secondo cui l’infrastruttura è centrale e strategica per il futuro della filiera. Gozzi ha poi bollato come “inaccettabile” lo stop della Corte dei Conti dopo aver già dovuto attendere tre mesi per l’Energy Release. L’Italia, del resto, è il Paese delle carte, naturalmente bollate, lo Stato fondato sulla poetica dei pas perdus.
Ponte dei sospiri: mentre infuriava la buriana, la riunione del governo a Palazzo Chigi era terminata. In poco meno di un’ora, il governo ha deciso di andare fino in fondo. All-in. Ma senza strafare, senza soverchie polemiche. Del resto, il Senato aveva già detto sì alla riforma della giustizia. Pas trop de zèle. Si attenderanno trenta giorni per leggere le motivazioni, poi si vedrà: nel frattempo si va avanti. Pietro Ciucci, ad della Società Stretto di Messina, è fatalista: in questo Paese, un ricorso (contro) non si nega a nessuno, figuriamoci al Ponte. Di fronte a ogni tipo di azione, ha promesso, “ci difenderemo”. Il vicepremier Matteo Salvini ha detto che il governo è sicuro di aver rispettato tutte le norme, esclude conflitti tra i poteri dello Stato, difende il progetto e le “migliaia di posti di lavoro” che porterà, ribadisce che i lavori inizieranno presto. Non si riuscirà, per forza di cose, a partire entro fine anno, si partirà all’inizio del 2026: “Ci tengo a dire ai siciliani e ai calabresi, ma anche a tutti gli italiani, che andiamo avanti con il progetto e siamo convinti che i cantieri partiranno. Dopo 160 anni, i cantieri partiranno. Ci viene richiesto un supplemento di produzione e di documentazione: lo faremo. Abbiamo aspettato un secolo, aspetteremo un secolo e due mesi”. Il Ponte del Secolo.