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Giustizia

Una riforma in nome di Enzo Tortora. Intervista a Francesca Scopelliti

di Giuseppe Ariola -


“L’attività di questi giorni per promuovere le ragioni del Sì al referendum sulla riforma della giustizia è grande e tocca diverse città. Sono stata a Palermo ospite del presidente Giorgio Mulè, oggi sarò a Macerata e poi andrò a Genova. L’impegno è totale, è un regalo che io devo fare a Tortora e sono determinata a mantenere questo impegno. Il comitato continua a respingere le falsità e il processo alle intenzioni che ormai usano i magistrati, o meglio tutti quelli del No. Questo un po’ mi stordisce, perché ormai ho capito che i magistrati hanno fatto davvero il partito del No. Usando però quelle sedi che sono state affidate loro come rappresentanza di una istituzione importante. Ma loro hanno ormai assunto la Cassazione, piuttosto che altri palazzi di giustizia, come sede del proprio partito. Questo è davvero fuori dalla Costituzione”.

Parola di Francesca Scopelliti, compagna di Enzo Tortora, senatrice per due mandati e oggi presidente del comitato Cittadini per il Sì in vista del referendum sulla riforma della giustizia.

Il comitato per il Sì al referendum sulla riforma della giustizia ha una fortissima presenza di vittime della malagiustizia. Quale è il nesso?

“La separazione delle carriere è alla base di una giustizia giusta che oggi non c’è. Perché? Perché per colpa del gioco di potere, del dominio delle correnti che regolano la vita di tutti i magistrati. Che quindi stabiliscono in base alle amicizie e alle convenienze chi deve andare a occupare un posto e chi piuttosto un altro, chi deve essere promosso e chi no, si cancella il concetto della meritocrazia. L’errore giudiziario può essere causato anche dalla unicità della carriera. Faccio un esempio in modo che non si parli a vanvera come purtroppo fanno quelli del comitato del No.

In primo grado Enzo Tortora fu condannato a 10 anni, senza uno straccio di prova, solo sulla dichiarazione dei 18 pentiti. L’allora giudice Sansone disse che queste dichiarazioni erano concordanti e la motivazione della condanna a 10 anni, era basata proprio su questo. La concordanza, però, era forzata. Lo dimostrò poi il giudice Michele Morello in appello, quando si accorse che la dichiarazione del primo pentito derivava dal secondo, poi dal terzo e poi dal quarto”.

Cosa accadde?

“Andarono più a fondo, facendo delle indagini che invece in primo grado non furono fatte. Scoprirono, per esempio, un pentito che diceva di aver dato chili e chili di droga a Tortora in un tale spazio e in un tale momento. Ma in quel momento questo pentito era rinchiuso nel carcere di massima sicurezza ad Ascoli Piceno. Quindi Tortora fu poi assolto. È però chiaro che nel primo caso c’era una correlazione stretta tra il giudice Sansone e i procuratori. Nel secondo il giudice Morello, che prima del processo fu anche chiamato dai piani alti della procura e sostenne che non aveva niente da dire, ebbe un comportamento, onesto, corretto e imparziale. Ma c’è un altro motivo in più per cui è necessaria la divisione delle carriere”.

Quale? E cosa c’entra con il referendum sulla riforma della giustizia?

“In Giappone il 99% dei processi finiscono con una condanna. Quindi vuol dire che il pubblico ministero ha portato avanti un’indagine con delle prove certe. In Italia noi abbiamo delle percentuali che vedono gli imputati per metà condannati e per metà assolti. Questo vuol dire che quando ci sono queste assoluzioni grazie a un giudice onesto, corretto e indipendente – per fortuna ce ne sono – le indagini sono state fatte in maniera approssimativa, molto leggera. Ecco il motivo della necessità di dare una maggiore professionalità al pubblico ministero”.

Siamo messi davvero così male?

“Basta leggere il libro di Sallusti sul sistema Palamara, il quale dice che il procuratore per avere ragione della sua inchiesta deve avere dei bravi sostituti, una buona polizia investigativa, buoni rapporti con i media più importanti – e questo perché ormai il processo mediatico è diventato una prassi nel nostro sistema giudiziario – e, udite udite, un giudice in grado di fare proprio il processo. Sansone ha fatto questo”.

L’esempio del Giappone sembra calzante rispetto ad alcuni recenti casi giudiziari italiani che, dopo tanto rumore e moltissimi arresti sono finiti quasi nel nulla…

“Proprio in questi giorni la Cassazione ha assolto tutti gli imputati di un’inchiesta di De Raho… Gratteri, invece, è diventato un personaggio. Io l’ho definito un po’ una Wanda Osiris, è in tutte le televisioni. In Inghilterra non sarebbe possibile per un magistrato di una procura importante come quella di Napoli avere uno spazio televisivo dove parlare e indottrinare le persone su un problema come la lotta alla criminalità organizzata. Con il referendum poi il suo indice di gradimento è cresciuto, quindi viene invitato da tutti.

Dice sempre le stesse cose senza riuscire a motivarle nella maniera corretta. Oltretutto, tradisce sé stesso. Fino a un anno fa sosteneva il sorteggio del Csm proprio per interrompere il potere delle correnti. Lo diceva lui e lo diceva Travaglio. Adesso quando qualcuno gli fa notare che la gaffe relativa alla dichiarazione di Falcone non è stata molto corretta, lui risponde ‘io mi diverto’. Questa è la strafottenza con la quale alcuni magistrati indossano la toga, presumono di giudicare e di sputare sentenze su colpevolezza e innocenza”.


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