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Il giallo dei 408 chilogrammi di uranio arricchito di Teheran

Davood Karimi, ha dichiarato a L’identità: il materiale avrebbe lasciato l’impianto nucleare di Fordo

di Monica Mistretta -


Le immagini satellitari confermano quanto una fonte della dissidenza iraniana, Davood Karimi, ha dichiarato a L’identità: i 408 chilogrammi di uranio arricchito al 60% avrebbero lasciato l’impianto nucleare di Fordo a bordo di camion poco prima del bombardamento statunitense di domenica. Le foto pubblicate da Maxar Technologies, azienda contractor della difesa statunitense, mostrano, infatti, 16 camion cargo avvicinarsi al sito nucleare e allontanarsi carichi nelle ore precedenti l’attacco.

L’Uranio, l’accordo e la Russia

Secondo Davood Karimi, presidente dei rifugiati politici iraniani in Italia, in questo momento il carico di uranio sarebbe nelle mani delle autorità russe, in base a un accordo non reso pubblico siglato tra Iran e Usa. Su questo secondo punto non ci sono elementi. Di certo c’è solo il fatto che domenica sera, il giorno dell’attacco, il ministro degli esteri iraniano Abbas Aragchi ha incontrato Putin al Cremlino, con il quale il suo Paese sei mesi fa ha firmato un accordo di cooperazione militare, politica ed economica della durata di 20 anni. Circa 48 ore dopo il presidente americano Trump ha annunciato il cessate il fuoco tra Israele e Iran. Ma non è detto che la lettura degli eventi sia corretta.

Il giallo dei 408 chilogrammi di uranio arricchito

L’ubicazione dei 408 chilogrammi di uranio arricchito si sta trasformando in un giallo internazionale nel quale c’è più di un tassello mancante. Prima dell’inizio della guerra, il 13 giugno, secondo l’AIEA- Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, i 408 chilogrammi di uranio si trovavano all’interno dell’impianto nucleare fortificato di Isfahan, colpito domenica dall’attacco statunitense. Ed è qui che, stando al segretario di Stato americano Marco Rubio, sarebbero attualmente sepolti. La sua opinione, però, discorda con quella degli osservatori dell’AIEA, secondo i quali nei giorni successivi al 13 giugno il materiale altamente arricchito potrebbe essere stato stoccato in contenitori e portato al sicuro dagli attacchi israeliani nell’impianto di Fordo, a 90 metri di profondità all’interno di una montagna.

Le immagini satellitari con i 16 camion cargo e le dichiarazioni del dissidente iraniano Davood Karimi sembrano dare ragione agli osservatori dell’AIEA. Il presidente Trump ha più volte dichiarato che le centrali nucleari iraniane sono state completamente cancellate dalle bombe anti-bunker nell’attacco di domenica. Rafael Grossi, a capo dell’AIEA, ha confermato che le scosse provocate dall’esplosivo nel corso dell’attacco americano a Fordo con ogni probabilità hanno danneggiato irreparabilmente le centrifughe nucleari, estremamente sensibili alle vibrazioni. Un bombardamento israeliano il giorno successivo ha bloccato le entrate al sito, rendendolo inaccessibile. È chiaro che Fordo non è più utilizzabile. L’Agenzia, d’altra parte, non è in grado di verificare i danni effettivi: i suoi ispettori non hanno accesso ad alcun impianto nucleare iraniano dal 13 giugno, giorno di inizio della guerra.

Ieri, dopo l’annuncio del cessate il fuoco, Raphael Grossi ha scritto al ministro degli Esteri Abbas Aragchi proponendogli un incontro con l’obiettivo di riavviare la cooperazione. Individuare con certezza la posizione dei 408 chilogrammi di uranio arricchito al 60% è imperativo. Per la produzione di ordigni nucleari da montare su missili balistici, questo materiale nucleare dovrebbe essere riprocessato al 90%. Un procedimento che risulta estremamente difficile per Teheran in questo momento, dopo che gli attacchi israeliani e americani hanno messo fuori uso le centrifughe di Natanz e Fordo, decapitando il team di scienziati nucleari del Paese con ben 14 omicidi mirati. Tuttavia, secondo diversi esperti, anche nella loro forma grezza i 408 chilogrammi di uranio arricchito al 60% potrebbero essere utilizzati per bombe ‘sporche’ da veicolare proprio su camion o container via nave.

Resta inoltre aperta l’eventualità che Teheran possa aver ricollocato anche diverse centrifughe nucleari. Il primo ministro israeliano Netanyahu il 22 giugno, dopo l’attacco americano agli impianti nucleari, ha fatto sapere di essere a conoscenza della reale ubicazione dei 408 chilogrammi di materiale incriminato. Di sicuro, se i camion nei pressi di Fordo non sono sfuggiti ai dissidenti iraniani, non sono passati inosservati nemmeno ai servizi segreti israeliani. È plausibile che ci sia stato un accordo e che al momento debba restare segreto. Il vicepresidente americano Vance ieri è tornato sul tema dichiarando ad ABC News che Trump si occuperà di questo stock di uranio iraniano nelle prossime settimane. Nel frattempo, sarà meglio che Grossi, per ogni evenienza, oltre che Teheran contatti anche il Cremlino.


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