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IL PICCHIO – Rinascita, lo spleen della sinistra che riscopre la sicurezza

di Giuseppe Tiani -


La rianimazione di Rinascita, iniziativa politico-intellettuale di Goffredo Bettini, non è un esercizio di nostalgia, ma il tentativo di riattivare un circuito strategico che alla sinistra è mancato più della forza elettorale, la capacità di produrre visione e passione. La rivista di Togliatti era un laboratorio di orientamento e conflitto, oggi il suo ritorno è un monito. Senza pensiero strategico non c’è progetto di governo, ma solo esausta retorica. Quel titolo, Rinascita, porta con sé uno spleen politico, una malinconia lucida ma non estetizzante, che riconosce la decadenza per trasformarla in energia critica.

È una consapevolezza inquieta che costringe a guardare alle fratture della società e a ricostruire gli strumenti teorici per leggerne le mutazioni e interpretarle. Nel frattempo, sul piano politico, si consuma il paradosso di un impulso al cambiamento che nasce proprio dal terreno che per anni la sinistra ha esitato ad abitare, la sicurezza pubblica. Schlein, davanti ai sindaci, ha compiuto una torsione culturale fino a ieri impronunciabile, ha ringraziato le forze di polizia, rivendicato la necessità di tutelarle e indicato prevenzione e repressione come pilastri della sicurezza democratica. Ha richiamato perfino la riorganizzazione della polizia locale, tematica relegata alle amministrazioni locali e oggi cruciale per la vita urbana. Una svolta di rilievo, che eleverà il confronto politico nel Paese come in Parlamento sulle differenti letture della Sicurezza Pubblica, per la complessa e sensibile articolazione dei suoi molteplici corollari.

Il cambio di passo della Schlein, si innesta sulla traccia aperta da Andrea Orlando con il Forum delle Politiche Industriali, un orientamento di respiro europeo radicato nella cultura socialdemocratica, che in più occasioni pubbliche ha ricomposto sicurezza e giustizia, progresso ed eguaglianza, diritti e responsabilità entro un’unica cornice civile. Ne emerge una figura solida e discreta, capace di fare da cerniera tra la tradizione e una sinistra nuovamente proiettata in chiave europea, restituendo alle politiche pubbliche un lessico razionale e sottraendole al binomio paura e ordine, a partire dal tema della sicurezza. In questo quadro, Rinascita non è un ritorno museale, ma una nuova infrastruttura culturale e politica, un pensatoio chiamato a ricostruire uno spartito comune, distinguendo ciò che merita di essere custodito da ciò che è già superato o va superato.

La sinistra non manca di idee, manca del criterio per ordinarle, difenderle, rischiarle. Teme le fratture, ma senza fratture non c’è storia sociale, teme il conflitto, ma senza conflitto non c’è politica. Se Rinascita diventerà uno spazio animato da un respiro vitale, potrà tornare a configurarsi come un luogo in cui la visione critica osa incrinare le ortodossie, restituendo profondità verticale a un campo politico che da tempo procede in prossimità del suolo. Perché la rinascita più autentica non è ritorno, bensì continuità che trova il coraggio di cambiare passo o direzione.

Ergo, per la sinistra italiana, meglio tardi che mai. La democrazia premia chi ha idee chiare, organizzate, lungimiranti. Il resto è nostalgica sopravvivenza.


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