Economia

Non chiamatelo risiko, ora è una guerra

di Giovanni Vasso -

Il presidente Consob Paolo Savona all’uscita dalla relazione annuale Consob sul mercato finanziario e celebrazione dei 50 anni dell'istituzione a Palazzo Mezzanotte, Milano 25 Giugno 2024 ANSA/MATTEO CORNER


Altro che risiko, non è più un gioco ma una vera e propria guerra. Che si gioca con tutte le carte a disposizione degli attori in campo. A cominciare dagli esposti. Presentati a tutte le autorità esperibili. Dalle Procure, come quella di Milano che ha avviato l’indagine sulla cessione del 15% delle azioni Mps che tramite Banca Arkros sono finite a Del Vecchio, Caltagirone e Banco Bpm, fino alla Consob. Sul tavolo dell’autorità di vigilanza in Borsa, come ha riferito ieri il presidente Paolo Savona, ci sono ben 54 esposti. Erano 52 fino a giovedì, ha spiegato Savona, poi ne sono arrivati altri due. In ventiquattro ore. In pratica, un fuoco incrociato tra uffici legali agguerritissimi e determinati, fino in fondo, a non lasciare un metro di vantaggio agli avversari. Complicato dalla vicenda golden power che, secondo Savona, ha subito un mutamento sostanziale passando da norma “extra-ordinem”, caratterizzata dalla straordinarietà a regola “multipurpose”, ossia applicabile a richiesta su tutto e di più. “In Italia aumentano le richieste di tali interventi rivolte al Governo, affrontando le incertezze applicative di una normativa ufficialmente introdotta come extra-ordinem, diventata multi-purpose, sotto la spinta della nuova fase geopolitica di una caduta di dialogo tra Stati”, ha tuonato Savona chiedendo maggiore responsabilità a tutti. Una richiesta che è ragionevole ma che sembra a dir poco ambiziosa in uno scenario che, appunto, non è più quello di un risiko, di un semplice war game. Ma di una guerra vera e propria. Che, come ogni guerra che si rispetti, si gioca anche sul piano dei leader, delle dichiarazioni incrociate, dei proclami dei condottieri, pardon dei Ceo e dei dirigenti. Dopo l’ok giunto dall’Antitrust Ue all’Ops Unicredit, l’ad Andrea Orcel ha ribadito che l’affare Banco Bpm con ogni probabilità non andrà in porto: “Se continua così – ha detto ieri a Repubblica -, probabilmente ci ritiriamo dall’offerta”. Parole a cui ha replicato, proprio a margine dell’incontro Consob in cui il presidente Savona ha contato il numero di esposti e la mole di lavoro a cui lo scontro bancario sta costringendo lui e l’autorità che presiede, il presidente di Banco Bpm Massimo Tononi. E lo ha fatto senza nemmeno cercare di edulcorare il concetto ma, seccato, ha detto: “È almeno la settima volta che Orcel ha espresso questo concetto. Personalmente non mi suscita grande inquietudine e gli presto pochissima attenzione”. Già tanto basterebbe. Sulla golden power, poi, Tononi ha affermato un’idea del tutto dissonante rispetto a quella di Orcel: “Mi sembra che ci sia stato da parte del ministero dell’Economia un tentativo di fare chiarezza, che però rimane nelle carte che di cui io non dispongo, ma di cui ho visto qualche stralcio sui giornali e questo è sicuramente apprezzabile”. Insomma, lo scontro è totale. Ma Tononi ha incalzato: “Oggi siamo sotto passivity rule, nel momento in cui la passivity rule dovesse scomparire perché Unicredit dovesse decidere di fare un passo indietro, ovviamente essendo la terza banca del Paese ci guarderemo intorno”. Di certo in piazza Meda non si strapperebbero le vesti. Magari, stapperebbero una bottiglia di quello buono. Non chiamatelo risiko, ormai è una guerra.


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