Esteri

Schroeder lascia il cda di Rosneft

L’ex cancelliere travolto dalla polemica abbandona gli incarichi nell’azienda russa. Con lui si dimette anche il Ceo di Nord Stream 2

di Giovanni Vasso -


Travolto dalle polemiche in patria e con il rischio di veder revocato lo status di ex cancelliere, Gerhard Schroeder s’è dimesso dal consiglio di amministrazione di Rosneft. L’annuncio è arrivato nel primo pomeriggio di ieri. Schroeder ha scelto di abbandonare i suoi incarichi insieme all’imprenditore Matthias Warnig, ceo di Nord Stream 2.
L’ex cancelliere Spd ha rassegnato le proprie dimissioni dall’azienda russa al culmine di una feroce diatriba che si sta registrando in Germania. Gerhard Schroeder, da sempre vicino al governo russo, non avrebbe preso posizione contro la guerra in Ucraina. A gettare benzina sul fuoco, un’intervista rilasciata al New York Times, in cui s’è rifiutato di “fare mea culpa” sui suoi affari con la Russia e su quanto sta accadendo in Ucraina perché “non sono affari miei”. Da lì s’è rizelato il dibattito. Che, dalle colonne dei giornali, s’è trasferito nelle sedi istituzionali e politiche. Il parlamento europeo ha reagito sollevando una mozione sul caso Schroeder. Intanto mercoledì scorso la commissione Bilancio del Bundestag aveva annunciato la decisione di togliergli gli uffici e lo staff (i cui componenti avevano già rassegnato el dimissioni a marzo scorso) pur riconoscendogli ancora il diritto a mantenere la scorta e la pensione.
La scelta di Schroeder e di Warnig ha incontrato la comprensione dei vertici di Rosneft. L’azienda in una nota ha spiegato: “Comprendiamo la loro decisione e li ringraziamo per il loro incrollabile supporto. L’azienda nei suoi standard continuerà a utilizzare gli approcci che ha implementato per l’analisi completa, un’attenta pianificazione e modellazione dei progetti in corso, nonché principi di continuità e considerazione per gli interessi dei nostri partner sulla base del mercato”.
Rosneft è un’azienda petrolifera partecipata dal governo russo. È nata nel 1993, ma si è imposta sullo scenario internazionale quando, nel 2006, ha raccolto l’eredità commerciale del colosso Jukos “creato” dall’ex presidente Boris Eltsin e finito malamente in bancarotta per quasi 3,5 miliardi di dollari.


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