Se la Corte dei conti decide al posto della politica: il no al Ponte è un no al futuro
La decisione della Corte dei conti di non concedere il visto di legittimità alla delibera CIPESS sul Ponte sullo Stretto di Messina non è solo un atto tecnico. È un atto politico, un gesto che rischia di congelare una visione, un progetto e un sogno che l’Italia insegue da oltre mezzo secolo. C’è un limite oltre il quale il controllo diventa ostruzionismo. E in questo caso, la linea è stata ampiamente superata. Perché il Ponte non è soltanto un’opera pubblica: è un simbolo di connessione e modernità. Una sfida ingegneristica che avrebbe potuto finalmente colmare la distanza tra due regioni spesso condannate alla marginalità.
È il segno concreto di uno Stato che non si arrende all’immobilismo, che crede ancora nel Sud come motore di sviluppo e non come eterna emergenza. La Sicilia e la Calabria hanno diritto a una visione infrastrutturale di respiro europeo. Connettere la Sicilia al resto d’Italia significa accorciare distanze fisiche ed economiche, ma anche ricucire un tessuto civile e culturale che troppo spesso è stato strappato da decenni di inerzia e sfiducia. Chi oggi invoca prudenza in nome della “legittimità contabile” dimentica che il vero spreco, in Italia, è l’inazione.
Ogni anno perso costa milioni in opportunità mancate, turismo frenato, competitività negata, non si tratta di negare i controlli – indispensabili in una democrazia sana – ma di ricordare i ruoli. La Corte dei conti verifica la legittimità, non può e non deve sostituire la volontà politica di un governo eletto. Se ogni grande opera dovesse essere sottoposta al vaglio discrezionale dei giudici contabili, nessun Paese potrebbe pianificare il proprio futuro. La tecnologia già in campo dimostrano che oggi il Ponte è realizzabile, sostenibile e utile, non è un “capriccio faraonico” ma una scelta strategica. Il Ponte sullo Stretto è, in ultima analisi, una prova di fiducia nel futuro. Chi lo ostacola per formalismi o diffidenze ideologiche non difende la legalità: difende lo status quo. E lo status quo, in Italia, è il vero scandalo.
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